Un pugno di visionari per un progetto che sembrava impossibile. “Ciò che non abbiamo osato, abbiamo certamente perduto”, una frase lasciata dallo scrittore irlandese Oscar Wilde che continua ad alimentare molti sogni come questo: ridare smalto e dignità a una festa considerata perduta, quella della Befana, oscurata non solo dal covid ma anche dall’ombra delle bancarelle abusive.
La tradizione dell’anziana signora che regala gioia ai bambini torna a risplendere nello slargo più ampio di Napoli, Piazza Mercato, da martedì 3 gennaio, con la fiera del giocattolo e della calza.
Sarà un villaggio con casette di legno, come quelle dei mercatini natalizi di Vienna e Salisburgo, dove si potranno comprare dolciumi e tutto quello che può allietare il rito festivo d’inizio 2023: ad aprire il villaggio della nonnina più amata d’Italia domani, alle 18,3, il sindaco Gaetano Manfredi con l’assessora al turismo e alle attività produttive del Comune di Napoli, Teresa Armato, che lo ha fortemente voluto, e il presidente della Commissione cultura, Luigi Carbone.
Il ritorno alla vita di una piazza che da tempo soffre di abbandono e solitudine è risultato soprattutto della volontà della cittadinanza determinata a restituirle una vocazione commerciale dalle radici secolari, giocando di sponda con l’amministrazione comunale.
Il progetto è realizzato con la seconda Municipalità affiancata dalle realtà del luogo: l’associazione culturale Musicant, Fondazione di comunità del centro storico di Napoli, Asso.Gio.Ca, Consorzio Antiche Botteghe Tessili e quello dell’ Antico Borgo Orefici.
Gran finale della kermesse, giovedì 5 gennaio: notte bianca affidata al concerto dell’artista napoletana Valentina Stella, già protagonista a Ferragosto, nella stessa piazza, di un bellissimo spettacolo, accolto con entusiasmo dalla popolazione e dai turisti, primo importante segnale di ripresa del quartiere.
Tra i sognatori che sostengono gli abitanti nel far rinascere quest’angolo di tessuto urbano accarezzato dall’arte e dalla storia, insieme al primo cittadino e all’assessora Armato, c’è Luigi Carbone che abbiamo incontrato nella sede del suo ufficio consiliare, in via Verdi.
Presidente Carbone, la festa del giocattolo può essere il primo passo verso la fiera permanente progettata dalle realtà associative del territorio, come il Consorzio antiche botteghe tessili?
Certamente. Immagino, con l’assessora Armato, un’agenzia di sviluppo locale sull’esempio di Torino che l’ha creata per il mercato di Porta Palazzo, costituita da enti del terzo settore.
Che cosa dovrebbe fare questa agenzia?
Innanzitutto dovrebbe ricevere dal Comune l’impegno di abbattere la spesa per l’occupazione di suolo pubblico, un incentivo fondamentale. Poi, quello di veicolare promozione seria attraverso i propri canali per un progetto fieristico che possa avere grande visibilità, legando intorno alla fiera, tre importanti iniziative di rianimazione territoriale durante l’anno.
E che cosa dovrebbe garantire?
I privati, ovvero le associazioni, i consorzi e altre entità del territorio potrebbero produrre sinergia per comprare gli stand, chiamare a raccolta gli operatori, costruire contatti con il mondo fieristico nazionale e internazionale.
In quale settore?
In un campo esteso. Dal florovivaismo al baratto e all’usato, all’enogastronomia, fino alle nuove tecnologie: perché no, anche una fiera del drone. Ipotizzo un calendario annuale mutevole in tema commerciale. Piazza Mercato possiede non solo un’anima, ma anche una grande logistica perché è vicina al Brin quindi potremmo sfruttare l’effetto parcheggio con una navetta. Inoltre, è a pochi passi da circumvesuviana, stazione e porto. E ancora: esiste una serie di locali, alcuni del Comune, che vanno rivitalizzati. Quando nasce una fiera si innesca un meccanismo di riavvio: si sviluppa l’opportunità, ad esempio, di affittare spazi come deposito, per chi deve custodire attrezzi o per aprire il ristorantino, si crea indotto. È inutile girare intorno alle chiacchiere, questa zona ha bisogno di lavoro. Occorre riportavi attenzione concreta: dopo la nascita del Cis, centro all’ingrosso di Nola e del polo di gioielleria e oreficeria Tarì a Marcianise si è progressivamente svuotata…
Insomma, cosa dovrebbe proporre la fiera: c’è posto per i prodotti locali?
Sicuramente, non a caso abbiamo inserito all’interno del bando per i mercati agricoli la proposta di Piazza Mercato per un appuntamento periodico con le eccellenze a chilometro zero della nostra filiera. Ci vuole un mix di competenze, perché non è semplice organizzare questo tipo di manifestazioni, bisogna entrare nei circuiti nazionali di tutte le fiere di settore. A Rimini esiste il Sigep, è il punto di riferimento per le innovazioni dell’intero comparto del foodservice dolce e fornisce una panoramica completa di tutte le novità del mercato, sarebbe importante attivare un collegamento con Napoli. Dobbiamo assimilare know-how e realizzare unione: la fiera vince se c’è coesione tra gli operatori. Dunque, per superare le sfide locali, è necessario assimilare buone pratiche altrove. Piazza Mercato è stata da sempre una piazza di scambi internazionali. Dobbiamo essere strategici perché il mondo ci offre grandi possibilità, andando oltre l’individualismo che ha impedito in Campania di costituire un consorzio della mela annurca.
Oltre la notte della befana, quali sono gli altri due appuntamenti annuali importanti per richiamare l’attenzione sulla piazza?
La festa del Carmine del 16 luglio: le persone se l’aspettano. Nell’estate scorsa, malgrado piazza del Carmine fosse occupata dai cantieri per il restauro e non sia stato previsto nulla, i fedeli sono andati alla basilica perché, nonostante l’impossibilità del contesto, se lo aspettavano: per loro l’incendio del campanile è un appuntamento importante, di grande suggestione, lo dobbiamo far rivivere, anche se solo virtualmente.
Come?
Con un festival di video mapping. Attraverso proiezioni, si offre un effetto ottico sorprendente: così sembrerà che il campanile si stia incendiando davvero. Oltrepassando i giusti dubbi della soprintendenza, si avrà una festa antica nella modernità, persino ecosostenibile, senza fuoco e fumo.
E poi?
E poi c’è l’arte. La valorizzazione mediante l’espressione artistica è di grande lungimiranza, dall’esempio berlinese di alcuni luoghi, in senso postindustriale. Piazza Mercato implica a suo modo un processo di rigenerazione postindustriale: la microindustria del tessile non esiste più e la gente deve essere riportata lì attraverso un espediente ma deve avere un motivo per andarci e questo va comunicato. Perciò deve ritornare il grande mercato mediterraneo all’aperto, che diventi un faro per illuminare la storia, da Corradino a Masaniello, passando per Repubblica del 1799 , organizzando pure happening artistici, come l’installazione di Nadia Magnacca che vorrebbe esporre emozioni e pensieri di questo popolo su una stesa di tessuti tibetani colorati.
Piazza Mercato, decumano del mare, da promuovere anche con pacchetti turistici?
I privati sono intelligenti, sull’orma del profit: se tu crei l’occasione, stai sicuro che loro ti fanno arrivare i pacchetti, non c’è proprio bisogno che li preghi.
Qual è la strategia?
Si chiama dmo: destination management organisation per mettere a sistema tutta la filiera turistica con una comunicazione univoca. Napoli ha avuto un boom turistico che deve essere capace di governare con un messaggio ben preciso: è una città smart, non low cost. Non bisogna svenderla, ma valorizzarla attraverso parole chiave: per questo va istituito un ufficio che strutturi la sua immagine internazionale, governato da un manager che deve produrre risultati tangibili.
Come sarà finanziato?
Il 30 per cento della tassa di soggiorno verrà per la prima volta destinato al turismo mentre prima invece serviva a colmare altre voci di bilancio. Sarà una sorta di Camera del turismo con una rete tra Gesac, grandi stazioni, comune di Napoli, città metropolitana, guide turistiche, camera di commercio. Un investimento non solo per la città dei turisti ma per chi la vive tutti i giorni affinché Napoli diventi pulita, con mezzi pubblici adeguati alla sua immagine di metropoli e possa prendere il volo. Gli studenti Erasmus che vengono qui non possono più considerarla una discoteca caotica a cielo aperto: anche il basolo dei Quartieri spagnoli su cui corre mezzo millennio va rispettato.
Torniamo a Piazza Mercato.
Anche per quanto riguarda Piazza Mercato, faccio lo stesso ragionamento: mi preoccupo per i napoletani che devono tornare a fare economia: non dobbiamo perdere di vista che l’obiettivo è una città dove si vive bene, dal centro alla periferia.
E dove il patrimonio storico e umano va valorizzato.
Il Museo del’arte tipografica grazie alla donazione di macchinari appartenenti all’azienda di Enzo Falcone ne sarà presto testimoninza. Superato l’iter burocratico che renderà effettivo il percorso del laboratorio nei locali di via Duca di San Donato, ai civici 61/63, la struttura diventerà tassello di un importante arcipelago di attività artigianali, intrecciandosi con quella del maestro ombrellaio Mario Talarico e del museo/scuola del costume teatrale Canzanella.
Una bella sfida.
Non abbiamo la bacchetta magica per sapere cosa accadrà, ma se ci mettiamo tutti gli ingredienti, il risultato si otterrà. Intanto, non ci siamo fatti trovare dall’esplosione turistica. Abbiamo organizzato infopoint, dando lavoro a ragazzi campani che parlano lingue straniere e ci sono 2 milioni assegnati attraverso un bando del circuito turistico per strumenti d’informazione digitali. Non solo, puntiamo pure a rendere il mare accessibile a tutti, nel lido mappatella, davanti a Castel dell’Ovo, senza barriere e con tutti i comfort degli stabilimenti balneari a pagamento.
Sembra un sogno…
Napoli deve essere viva, non solo un set cinematografico. Bisogna fare attenzione all’identità, proteggerla, adeguandosi al cambiamento. Abbiamo una città con vocazioni, il comune deve solo accompagnarle.
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