Oggi ci prendiamo Un caffè con … Salvatore Di Fede”, che saluto e ringrazio, con il quale continuiamo il ciclo di incontri per parlare di autonomia differenziata e dei rapporti socio-economici tra Nord e Sud del paese.
Salvatore Di Fede è segretario nazionale di Psichiatria Democratica, già membro di “MOVIMENTO meridionale”.

CAROTENUTO: Caro Sasà, la tua amicizia con Nicola Zitara e l’appartenenza al “MOVIMENTO meridionale”, che voleva uno Stato meridionale indipendente, ha sicuramente influenzato il tuo percorso culturale e professionale. Puoi farci capire come si potrebbe attualizzare il pensiero dello studioso meridionalista calabro?

DI FEDE: Sì, Nicola Zitara è autore di un libro fondamentale nella storiografia italiana, nello specifico per quella del mezzogiorno, “l’Unità d’Italia. Nascita di una colonia”, che rappresenta l’esito di una analisi attenta delle dinamiche socio economiche, politiche e storiche del  Meridione prima e dopo l’Unità di Italia. C’erano stati prima di Nicola altri meridionalisti:  Dorso, Salvemini lo stesso Gramsci, Capacelatro e Carlo e non ultimo Galasso di Napoli. Tutti avevano individuato la nascita della questione meridionale nel divario nord-sud preesistente all’Unità, sia pure con differenti accenti e distinguo, ma solo Nicola Zitara fonda la sua analisi di sottosviluppo a partire proprio dalla conquista piemontese sabauda del sud Italia. Lo fece da un’ottica terzomondista, marxista, da fine economista quale lui era. Con Nicola ho condiviso prima l’appartenenza alla redazione di “Quaderni Calabresi, Quaderni del Sud e delle Isole” (Direttore Franco Tassone) e successivamente la fondazione  del Movimento Meridionale che a metà degli anni Ottanta si assunse la responsabilità in Calabria di rendere politicamente praticabile la scelta di passare dall’idea generica  meridionalista ad una idea di soggettività meridionale, intendendo per soggettività meridionale la responsabilità di prendere coscienza che il sistema socio economico italiano si è fondato sulla divisione tra zone sviluppate e da far progredire e territori da mantenere in una condizione di sottosviluppo tali da rappresentare colonie interne così da sfruttarne il mercato, la mano d’opera, le risorse. Tale condizione è stata resa possibile negli oltre 150 anni di Unità di Italia, grazie alla cinghia di trasmissione che il sistema dei partiti, quasi tutti, ha garantito alla Nazione Italiana controllando prima le plebi del sud, poi le classi medie, infine disoccupati e invalidi civili. Quelli che Salvemini prima e poi Zitara chiamò gli “ascari”.
Il Movimento Meridionale si provò a rappresentare direttamente la necessità di un’autonomia regionale ripensando all’Unità d’ Italia, così come nel dibattito post risorgimentale pure era intesa: da Proudhon passando per il liberale Cattaneo fino al socialista Ferrari. Dal nostro canto i rapporti con il Partito Sardo d’Azione (prima della sua deriva ultima destrorsa), allora ancora legato storicamente alla figura di Emilio Lussudi, Giustizia e Libertà e con l’Union Valdoten (all’epoca schierata con i popoli minoritari d’Europa), ci provammo anche grazie al Partito Radicale di Pannella degli anni ottanta e alcuni esponenti del Manifesto, a realizzare di volta in volta strumenti di lotta politica che, fondati nella realtà  sociale meridionale, avessero l’obiettivo della costruzione dell’autonomia federale. L’attualizzazione del pensiero di Nicola Zitara non si pone perché le dinamiche socio economiche e politiche sono ancora cogenti.  Si pensi, per dirla con Nicola, al continuo ricatto che ancora oggi le crisi socio economiche pongono: dove vanno i finanziamenti di volta in volta? Vanno verso le zone industrializzate. E dove sono le zone industrializzate? Al Nord! Ancora come allora sempre al Nord.

CAROTENUTO: Dal tuo ruolo di direttore sanitario di strutture per la riabilitazione psichiatrica e psicosociale (Comunità Terapeutica Riabilitativa Aquilone, Casa Alloggio “Villa Carolina” e Gruppo Appartamento “La Casetta”) si può dire che la salute mentale al Sud è discriminata? E perché?

Qui sopra, foto di  Andrew Martin; in alto, immagine
di David Peterson da Pixabay e Salvatore Di Fede

DI FEDE: La Corte dei Conti nella sua relazione 2018 a proposito del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale offre il seguente dato: verso il Nord Italia sono andati 45.933.970 MLD, mentre al sud 24.878.111 MLD.
A fronte di una popolazione al Sud con presenza di maggiori fasce deboli e persone in difficoltà e  regioni complessivamente a minore capacità contributiva, il Fondo Sanitario Nazionale non copre le differenze, anzi le sottolinea nella sua drammatica sperequazione. Secondo l’Osservatorio sul federalismo  fiscale dell’Università di Reggio Calabria, la quota d’incidenza della spesa storica (non adeguata a colmare le differenze) determina infatti per legge la sperequazione nel trasferimento delle risorse, impedendo  un equo federalismo fiscale  tale da permettere a tutte le regioni italiane di rispondere in maniera universale e univoca al bisogno di salute delle comunità che vi risiedono.
Come si vede Zitara ci aveva visto giusto: nonostante che la Costituzione italiana ci richiami alla solidarietà e sussidiarietà collettive, questa unità è tuttora fondata sul sistema delle disuguaglianze, cioè quando organizzi un vero e proprio dominio socio economico e politico di una parte sull’altra.

CAROTENUTO: La grande scommessa del recupero sociale dei disagiati mentali di “riaversi” alla società, attraverso soluzioni di autonomia territoriale, di autosufficienza ed autodeterminazione, ovvero con pratiche capaci di consentire lo sviluppo e la crescita negli ambienti di appartenenza, tranne alcune eccellenze, sembrerebbe essere stata messa in discussione dalle scelte dei Governi centrali. Secondo te, ciò succede per avvantaggiare il Nord o i motivi altri motivi?

DI FEDE: La risposta è complessa ma proverò a esemplificare con un’esperienza tuttora in corso e che riguarda la possibilità di offrire lavoro a persone con svantaggio in un’area del Paese depressa così come quella del Beneventano. Qui da tempo anche noi della Cooperativa Sociale L’Aquilone stiamo provando a realizzare opportunità di inserimento socio-lavorativo utilizzando la cooperazione sociale. Circa quattro anni fa abbiamo fondato la coop sociale Centottanta, cooperativa integrata tra persone vantaggiate e svantaggiate, per permettere a ospiti e ex-ospiti delle Comunità un’esperienza lavorativa, utilizzando occasioni di impiego all’interno dei bisogni residenziali (pulizie, cucina, gestione piscina, coltivazione e produzione vinicola). Si tenga presente che il Sannio beneventano, secondo i dati che presentammo in una nostra relazione del 2018 e desunti dal lavoro dell’università del Sannio, era descritto secondo un tasso di disoccupazione pari al 41%.  
La disoccupazione a Bolzano era pari al 3%, a Benevento al 13,3%, quella giovanile (15-24anni) 39% e la classifica dei Neet (giovani che non studiano, non sono in formazione e non lavorano) mettevano al 90 posto il Sannio…
In dieci anni di crisi in provincia di Benevento si erano persi 13.000 posti di lavoro (il 21% della popolazione), gli stipendi in media erano del 26% più bassi della media italiana, la provincia era quartultima anche per l’importo medio delle pensioni… 
Il welfare ormai definitivamente scomparso: la provincia di Benevento era 101esima in Italia per la spesa sociale degli enti locali per minori,
disabili e anziani che arrivava a 14 euro pro capite (si pensi a mo’ di
raffronto che la spesa in Umbria era in media di 86 euro e nella provincia di Bolzano era di 508 euro, dati Istat). E non finisce qui: il tasso di occupazione al 43% era tra i più bassi d’Italia, altissimo il tasso di disoccupazione giovanile che la classifica stimava al 39%. Cresceva il numero dei laureati che lasciavano la provincia (+27%)… Pur avendo cinema e librerie (30esima) e un ambiente ancora in salute,  era 93esima per la spesa dei viaggiatori stranieri.

Uno scatto di Gerd Altmann (Pixabay) che testimonia solitudine e disperazione: la salute mentale passa per pratiche di socialità e una dignità di esistenza anche materiale


In questo quadro socio-economico abbiamo provato, e proviamo tutt’ora, a concretare percorsi di emancipazione dal bisogno anche materiale, perché siamo convinti che la salute mentale si realizzi attraverso occasioni di lavoro, un abitare dignitoso e pratiche di socialità diffuse. All’interno di questi percorsi la Coop Centottanta ha avviato al lavoro circa sei persone, tra le quali anche persone che hanno potuto usufruire di percorsi alternativi alla custodia nelle REMS (Residenze che hanno sostituito gli OPG) ed ha inoltre prodotto esperienze di un abitare autonomo e autogestito dagli ospiti stessi. La coop Centottanta è riuscita anche a produrre un ottimo vino, falanghina Eufòria.  L’esperienza però soffre, paradossalmente, della sua completa autonomia, intendendo così la mancanza di qualsiasi sostegno da parte di enti regionali e delle Asl. Si pensi, a mo’ di confronto, che un’esperienza similare compiuta nel veronese, grazie al sostegno dell’Asl territoriale (che è compartecipe dell’investimento socio-sanitario) quella Cooperativa è riuscita a oggi a dare lavoro a circa 30 persone, attraverso anche attività di albergo e di ristorazione.  Stessi mezzi, stesse finalità ma risorse disuguali distinguono un’esperienza del Sud da quella del Nord Italia… E per non stare tranquilli cito un ultimo dato: l’Istat  ha valutato in tremila persone il saldo negativo nell’ultimo anno, tra residenti e non più residenti nel Sannio.

CAROTENUTO: Esiste un problema di tagli alla salute mentale nel Mezzogiorno, rispetto ad altre aree del paese?

DI FEDE: Come Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica non posso non denunciare come drammatici una serie di dati che definiscono la spesa sanitaria della Salute mentale, attraverso differenze macroscopiche, che obbligando a diversità di risorse, rendono molti interventi sanitari non possibili al Sud. Per esemplificare dobbiamo ricordare che la Conferenza Stato Regioni ha stabilito nella soglia del 5% il limite insopprimibile del contributo del bilancio annuale alla Salute mentale regionale. Ma mentre, per esempio, Trento e Bolzano ed Emilia Romagna rispettano tale  parametro di riferimento, la Campania dispone invece del solo 3,5% delle risorse.
È palesemente chiaro che mentre a Bologna siano possibili un personale sufficientemente adeguato ai bisogni dei Servizi di Salute mentale (medici, psicologi, infermieri, tecnici della riabilitazione, oss, istruttori d’arte) e risorse economiche utili a impegnare il Privato sociale (cooperative sociali, volontari, attivazioni di reti e servizi sociali) in azioni complessive di prese in carico della sofferenze mentale, tale impegno non è praticabile per i cittadini del Sud. Anzi al Sud si fa sempre più strada, in luogo del servizio pubblico, un privato accreditato che tende alla sua sostituzione: in realtà aumentandone i costi (e la spesa, specie in residenze) e i livelli di cronicità degli utenti psichiatrici.

CAROTENUTO: Psichiatria Democratica come si pone di fronte al disegno di autonomia differenziata portato avanti principalmente dalle Regione del Nord?

DI FEDE: Dall’esperienza del Movimento Meridionale ho appreso a lavorare sull’autonomia delle comunità e dunque delle persone  a partire dalla consapevolezza di una necessaria assunzione identitaria e di soggettività politica. La diffusione della corresponsabilità tra più soggetti in luogo della delega a pochi: il modello della democrazia partecipata, il  lavorare “con” invece del lavorare “per”.
La crisi COVID 19 ci ha mostrato, pur nelle diseguaglianze regionali, come il modello territoriale ancora presente per esempio nelle pratiche di Salute mentale campano, ha reso possibile rispondere ai bisogni diffusi e parcellari, mentre il modello ospedaliero centralizzato  ha determinato il dramma lombardo.
 È necessario che gli operatori della Salute mentale si assumano la responsabilità di una battaglia per impedire la deriva di un impoverimento del sistema complessivo del settore, a partire dalla capacità di assicurare a tutti i cittadini italiani, indipendentemente dal luogo di residenza, le risorse utili alle risposte di salute individuale.
In conclusione non posso non ricordare per questo la lotta che insieme ad altri stiamo conducendo in Campania per stimolare la sanità pubblica a non desistere dall’applicazione della legge di Riforma 180, secondo le conquiste derivate dalle pratiche di Salute mentale di questi ultimi anni. Mi riferisco al tentativo operato ad Arzano (Napoli) di portare a 40 posti letto una struttura residenziale psichiatrica. Progetto neo-istituzionalizzante che farebbe fare a tutto il movimento di lotta territoriale un pericoloso passo indietro verso stagioni e pratiche psichiatriche di cui non sentiamo per nulla la nostalgia. Tutt’altro.
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