Pubblichiamo di seguito “Perché: oratorio laico” di Francesco Divenuto. Ordinario di storia dell’architettura all’università Federico II di Napoli, Divenuto è autore, tra l’altro, di  numerosi saggi su riviste specializzate e di  due romanzi “Il capitello dell’imperatore. Capri: storie di luoghi, di persone e di cose” e “Vento di desideri “(edizioni scientifiche italiane).
Tra i racconti, pubblicati sul nostro portale, Variazioni Goldberg, Il bar di zio Peppe, Carmen e il professore, Il flacone verde (o Pietà per George), Lido d’Amore, Frinire, Primo novembre, Due di noi, Il trio, Quattro camere e servizi, Mai di domenica, Cirù e Ritù, Una notte in corsia, Gennaro cerca lavoro (il peccato originale), Fine stagione, Assemblea straordinaria al College, Quando le chiacchiere diventano troppe, La deriva della ragione, Si vendono poesie, Lei e lui (dialogo semiserio fra due ex coniugi), Il tramonto, Il gabbiano.

 

– Perché abbiamo lasciato che Antigone, sola, uscisse dalle mura di Tebe per seppellire il corpo straziato del fratello; perché abbiamo voluto ascoltare soltanto la dura legge della ragione e non già il grido di pietà umana che Antigone urlava al vento nella notte senza luna; perché non abbiamo voluto liberarla dalla sua prigionia, abbandonandola, ancora una volta, sola fino alla morte consumata nel buio della sua solitudine, perché?
– Perché abbiamo condannato Giuda Iscariota; perché lo abbiamo rifiutato come fratello, perché lo abbiamo lasciato annientato nel suo dolore, perché lo abbiamo spinto in fondo, nel buio della sua folle disperazione fino all’atto estremo della morte; perché non abbiamo voluto vedere nel suo gesto il compimento di un disegno divino, e lo abbiamo indicato per sempre come traditore, perché?
– Perché abbiamo deriso il giovane bitinio, Antinoo, e non abbiamo voluto credere che si sia suicidato perché incapace di vivere senza il suo amato imperatore Adriano; perché non abbiamo voluto ascoltare la sua voce che chiedeva solo amore, perché?
– Perché non abbiamo fatto nostro il dolore di quel corpo martoriato, bruciato vivo il primo febbraio 1660, a Roma, in Campo dei Fiori; perché non abbiamo noi urlato la disperazione di quell’uomo, perché non abbiamo dato voce a quella bocca, impedita dalla mordacchia, perché?
– Perché abbiamo chiuso i nostri cuori e abbiamo permesso che i nostri amici fossero allontanati dalle scuole, dagli uffici pubblici, dalle Università, dalle loro attività per il solo fatto che erano ebrei, perché?
– Perché abbiamo chiuso gli occhi per non vedere i vagoni piombati che passavano nelle nostre stazioni, perché?
– Perché abbiamo finto di non udire i lamenti di quanti, in quei vagoni, chiedevano il loro diritto di vivere; perché, oggi, ci annoiamo al ricordo di quanti, sopravvissuti, chiedono solo di non essere dimenticati, perché?
– Perché, per mettere a tacere le nostre coscienze per i passati errori, abbiamo finto di credere che, nella storia, chi ha subito un torto poi abbia sempre ragione; e abbiamo finto di non vedere i soprusi perpetrati da chi li aveva subiti, diventando, così, da vittima carnefice, perché?
-Perché abbiamo finto di non capire il disgusto di tante giovani donne violentate e costrette a un matrimonio non voluto; perché abbiamo accettato come giusto un efferato delitto consumato dai maschi della famiglia chiamandolo delitto d’onore? Come non abbiamo capito che l’unica ad essere ferita nell’onore era quella povera vittima che non aveva alcuna possibilità di ribellarsi, perché?
– Perché guardiamo con disprezzo donne costrette da un’angoscia senza fine e da umilianti condizioni di vita ad abortire, a strappare con dolore, dai loro corpi, un loro sogno e una speranza di vita, perché?
– Perché abbiamo finto di non vedere, di non sapere quanti giovani venivano umiliati, violati nei loro corpi ancora acerbi, da nodose mani, nere di età e di peccato, perché?
– Perché non abbiamo voluto ascoltare il pianto di giovani donne che, anche nel nostro paese, nel corpo ancora acerbo, prima che nella loro mente, sono state defraudate del loro diritto al piacere, perché?
– Perché imponiamo ai figli il nostro modello di vita impedendo loro di fare altre esperienze, di scoprire l’altro che è in sé, perché?
– Perché non ascoltiamo i desideri dei nostri figli, non rispettiamo i loro sogni ed imponiamo loro i nostri sogni sui quali, spesso, abbiamo fallito, perché?
– Perché non abbiamo insegnato ai nostri figli maschi che una donna appartiene soprattutto a sé stessa, perché?
– Perché non abbiamo insegnato loro che l’oggetto del loro amore non è una loro proprietà che possono utilizzare fino a distruggerlo, perché?
– Perché non abbiamo insegnato loro che la violenza, inferta su quel corpo, non può avere nessuna giustificazione, perché?
– Perché non abbiamo insegnato ai nostri figli che deridere un giocatore per il colore della sua pelle, solo perché ha battuto la loro squadra è stupido, oltre che mortificante per loro stessi, perché?
– Perché abbiamo imbandito la tavola dei nostri figli con il superfluo senza insegnare loro il rispetto per quanti, nel mondo, muoiono di fame; perché?
– Perché ci rifiutiamo di comprendere la complessità dell’indole umana e ci fermiamo a giudicare il solo aspetto fisico delle persone lasciandole nella solitudine e nella prigione di un corpo che sentono nemico, perché?
– Perché non abbiamo unito il nostro pianto a quello della madre di un giovane che, deriso, oltraggiato dai falsi amici, ha spento la sua giovane vita lanciandola dall’alto dei pregiudizi nel nulla della morte, perché?
– Perché abbiamo misurato i rapporti umani solo sui vantaggi che da essi ci potevano venire, perché?
– Perché abbiamo abbandonato vecchi amici d’infanzia solo perché non utili alle nostre aspettative sociali, perché?
– Perché abbiamo voluto nascondere, seppellire in luoghi ostili quello che non ci piaceva della nostra storia familiare, perché?
– Perché abbiamo guardato con sospetto e ostacolato chi voleva svuotare i manicomi, perché?
– Perché vogliamo stabilire, senza possibilità di ripensamento, che cosa debba essere, oggi, inteso per famiglia, senza preoccuparci delle sofferenze di quanti chiedono soltanto il loro diritto a vivere i propri sentimenti, perché?
– Perché non vogliamo svuotare gli orfanotrofi e ci arroghiamo il diritto di decidere chi può educare, allevare, amare un bambino fingendo di non udire il pianto, senza conforto, di tutti quegli innocenti abbandonati in istituti gestiti, troppo spesso, solo a fine di lucro, perché?
– Perché non sappiamo amare la vecchiaia e pretendiamo di giudicare, negativamente, chi chiede di morire con dignità fingendo di ignorare quanti malati vivono una condizione al di sopra di ogni sopportazione umana, perché?
– Perché, avendo scelto la guerra e non la pace, invochiamo Dio sui nostri eserciti, coinvolgendolo nella nostra miseria, senza pensare che anche il nemico ha invocato lo stesso Dio?
– Perché ancora fingiamo di credere di aver portato civiltà in Paesi lontani, derubando e stuprando popolazioni che chiedevano solo di essere lasciate vivere secondo le loro scelte, perché?
– Perché inorridiamo per le atroci immagini che ci arrivano da paesi lontani, paesi spesso guidati da fanatismi religiosi, fingendo di ignorare che impediamo, come abbiamo fatto per secoli, a quei paesi di raggiungere una loro autonomia, politica ed economica, appoggiando regimi con i quali abbiamo stipulato contratti economici a noi favorevoli, perché?
– Perché ancora oggi piangiamo lacrime per quelle vittime lontane e fingiamo di non sapere che a colpirle sono state le nostre armi che ancora costruiamo e vendiamo, perché?
– Perché respingiamo alle nostre frontiere gente che scappa dalle guerre fingendo, ipocritamente, di non sapere che quelle guerre sono state provocate anche da noi, perché?
– Perché di fronte alle migliaia di persone che, disperate, bussano alle nostre porte ci siamo ostinati a distinguere i profughi di guerra da quelli economici come se i tanti morti per fame non suscitassero lo stesso dolore di quelli morti sotto le bombe di insensate guerre, perché?
– Perché ci infastidiamo per il ragazzino accattone, ai semafori o nelle strade, e non ci chiediamo quanto del suo diritto a vivere un’infanzia serena gli è stato tolto anche dalla nostra civiltà occidentale, perché?
– Perché ancora guardiamo con sospetto a quanti chiedono le stesse possibilità di istruzione e di cultura, perché?
– Perché fingiamo motivi di ideologie o, peggio, di sicurezza e lasciamo che così tante vite affoghino nell’indifferenza prima che nel mare, perché?
– Perché a chi, giunto nel nostro paese da terre lontane, martoriate da violenza, fame e distruzione, chiediamo solo di lavorare, spesso negando loro ogni diritto, ignorando che dietro quelle braccia esiste una persona con i suoi sentimenti e la sua dignità, perché?
– Perché piangiamo le vittime delle alluvioni e non ricordiamo di essere noi i responsabili della cementificazione degli alvei dei ruscelli, spesso seppelliti sotto strade che ci permettono di correre più velocemente con le nostre auto, noi che abbiamo abbandonato la campagna e disboscato le colline che sovrastano la città, perché?
– Perché ostentiamo superiorità e sicurezza per nascondere le nostre paure; non accettiamo tutto quanto è diverso da noi, dalla nostra pelle, dalla nostra cultura, dalla nostra fede -se abbiamo una fede- dalle nostre radici, se non vogliamo guardare alle radici comuni, perché?
– Perché abbiamo paura di ascoltare gli altri e, spesso, non ascoltiamo neppure le nostre parole, perché?
– Perché oggi neghiamo ogni dubbio fomentando paure e ci nascondiamo dietro il masaniello di turno per non vedere la nostra vigliaccheria, perché?
– Perché affidiamo alle sue urla il nostro futuro rinunciando ad ogni ragionamento, perché?
–  Perché, dopo aver scambiato il segno di pace durante una funzione sacra, tornati a casa non vediamo il pianto negli occhi di donne e uomini lontani dalle loro case, dalle loro famiglie e dal proprio sole, perché?
– Perché guardiamo, con evidente fastidio, a quei religiosi che hanno aperto il loro cuore, oltre che le loro chiese, agli ultimi, a coloro per i quali, prima di un possibile premio eterno, essi chiedono dignità e rispetto, perché?
– Perché abbiamo paura della nostra paura e ci rinchiudiamo in un rito religioso senza convinzione che non lascia spazio al dubbio, perché?
– Perché continuiamo a partecipare, nelle nostre chiese, a cerimonie e riti senza chiederci il vero significato di quelle parole che ripetiamo a memoria, perché?
– Perché inventiamo certezze su una fede troppo spesso osservata solo per pigrizia e non vogliamo che altri possano avere diritto a manifestare il loro credo, perché?
– Perché oggi non sappiamo più sorridere e spesso urliamo per non ammettere il vuoto delle nostre idee e delle nostre vite; Perché?
In foto, candele in una vecchia cappella di campagna: ogni interrogativo è una luce che accende i nostri cuori

 

 

 

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