Arrivano le comete. Se ne è parlato alla vigilia del Solstizio d’inverno (20 dicembre) all’Osservatorio astronomico di Capodimonte. L’iniziativa, promossa dalla sezione napoletana dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dall’Unione astrofili napoletani, ha visto succedersi diversi momenti emozionanti.
In principio, è stata presentata l’opera: Cometario. Catalogo delle grandi comete (Nomos edizioni), i cui testi sono stati redatti da Sarah Zambello, mentre le illustrazioni sono state curate da Susy Zanella. Il libro, che ha un taglio divulgativo ed è denso di suggestivi disegni dai tratti psichedelici, è stato supervisionato dall’Inaf. L’Auditorium nazionale “Ernesto Capocci”, che ha ospitato la prima parte dell’evento, è stato gremito da un pubblico di diverse età, soprattutto da giovani e bambini.

In copertina: dettaglio di un pannello installato nell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Sopra: la copertina dell’opera di Sarah Zambello e Susy Zanella in collaborazione con l’INAF

Subito dopo la presentazione del libro, si è svolta la conferenza dal titolo: “Comete che vanno comete che vengono”: relatrice, Alessandra Rotundi del dipartimento di scienze e tecnologie dell’Università di Napoli Parthenope. La scienziata ha illustrato l’origine delle comete, che ha descritto come testimoni di un remoto passato, che possono dirci molto sull’origine del sistema solare e della vita sulla Terra.
Il nostro sistema solare si è generato dal collasso di polveri e gas, che, sottoposte a pressioni elevatissime, hanno dato origine ad una fusione nucleare da cui è scaturito un ammasso protoplanetario. Come ha ricordato Rotundi, a 50 unità astronomiche dal Sole, esiste la nube di Oort, composta da una miriade sterminata di corpi piccoli non attivi, che si sublimano in prossimità del Sole, diventando attivi (ossia comete).
Da tempo, la comunità scientifica discute sull’origine della vita sulla Terra, i cui ingredienti fondamentali sono l’acqua, le molecole organiche probiotiche e l’energia, che, per esempio, può scaturire da un impatto di un oggetto spaziale sul nostro pianeta.
Una teoria particolarmente suggestiva sostiene che questi ingredienti fondamentali provengano proprio dalle comete che, circa 3,9 miliardi di anni fa, durante il cosiddetto “bombardamento cometario”, bersagliarono tutti i pianeti più grandi che possedevano un centro di attrazione gravitazionale. Il che ha portato gli scienziati a sostenere che di lì si sia originata una prima forma fossile di vita, che potrebbe avere proprio le comete come protagoniste.
Rotundi ha poi divulgato gli incredibili risultati di due missioni spaziali, che hanno visto tra gli altri gli astrofisici italiani protagonisti. La prima missione è quella della sonda Stardust, lanciata nello spazio dalla Nasa nel 1999, che ha raccolto molecole e frammenti provenienti dalla cometa Wild 2, grazie a uno speciale materiale a bassissima densità, chiamato aerogel. Da lì, si sono ricavate tracce che contengono informazioni importanti con particelle estratte dai frammenti di cometa, in cui si è osservata non tanto la presenza dell’acqua, dissolta nell’avvicinamento al Sole, ma di minerali con molecole organiche.

Un momento della partecipata iniziativa nell’Auditorium Nazionale “Ernesto Capocci”

L’altra missione spaziale, lanciata nel cosmo nel 2004, è quella compiuta dalla sonda Rosetta, sviluppata dall’Agenzia spaziale europea (Esa). Il nome di questa sonda deriva dal rinvenimento della celeberrima stele che, nel 1799, ha fatto scoprire i geroglifici. Il senso attribuito alla missione spaziale era appunto quello di decifrare il linguaggio delle comete, avvalendosi della tecnologia di uno strumento italiano – Giada- che ha consentito la raccolta di campioni e dati dall’eccezionale valore scientifico.
L’enorme sonda, che aveva pannelli solari grandi 32 metri, concepiti per immagazzinare energia in grado di spostarla molto lontano dal Sole, si è dovuta ibernare per due anni. Poi, si è “risvegliata” con un orologio interno in prossimità della cometa 67P/Churyumov/Gerasimenko. Nel momento in cui la sonda ha iniziato a gravitare, per la prima volta in assoluto, attorno alla cometa, dopo vari tentativi è riuscita a sganciare sulla sua superficie un lander, che ha raccolto campioni e dati al suolo.
Prima di atterrare anch’essa sulla cometa Churyumov/Gerasimenko, a causa dell’esaurimento del combustibile, la sonda Rosetta ha effettuato una moltitudine di foto, documentando i sorprendenti paesaggi e gli incredibili fenomeni che si attivano su una cometa all’approssimarsi col Sole. In quella fase, l’oggetto spaziale comincia a produrre polveri, che formano poi la cosiddetta “coda” della cometa, che si produce dalla sublimazione del ghiaccio (che è molto meno di ciò che si pensava) e dallo scaturire di gas. La scienziata napoletana ha detto con una battuta che abbiamo “sporcato” una cometa con l’atterraggio di una sonda, ma ciò c’ha consentito di raccogliere enormi risultati scientifici, che pongono all’umanità nuove domande.
La docente della Parthenope ha annunciato che, nel 2029, partità per lo spazio una nuova missione Esa, ribattezzata Comet Interceptor, che verrà sviluppata con l’Agenzia aerospaziale giapponese (Jaxa).
L’obiettivo è di lanciare nel cosmo un enorme telescopio, ma senza dargli ancora un obiettivo preciso, con lo scopo di studiare una cometa primordiale, proveniente dalla vasta Nube di Oort, che passa per la prima volta nelle vicinanze di Terra e Sole. Lo studio di una cometa del genere, a differenze delle altre studiate finora che hanno orbitato attorno al Sole molte volte perdendo le caratteristiche iniziali, potrebbe rivelarci com’era fatto il Sistema solare quando è nato.
Dopo aver effettuato una scansione delle comete dinamicamente nuove, determinando una mappatura del cielo, nel 2029, si dovrebbe effettuare il lancio della sonda rivoluzionaria, che verrà “parcheggiata” nello spazio.
Quando il target verrà scoperto, attraverso complessi calcoli scientifici, la sonda partirà per intercettare una nuova cometa mai stata vicino al Sole. A bordo del veivolo vi sarà anche uno strumento con tecnologia italiana, il cosiddetto Disk, che analizzerà la polvere cometaria. In definitiva, la prossima missione spaziale dell’ESA visiterà una cometa ai confini del Sistema solare prima che raggiunga il perielio (il punto di distanza minima tra il Sole e un corpo celeste) ed entri in attività.
Alla fine del suo intervento, dopo uno scroscio di applausi non rituali, la Rotundi è stata subissata di domande da parte di bambini e adulti, a conferma della curiosità e dell’entusiasmo generate nel pubblico partenopeo da questo genere di eventi.

Busto dedicato al cosmonauta sovietico Jurij Gagarin posto all’ingresso dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte [Photo credit: Daniele Maffione]

La serata, infine, si è conclusa con l’osservazione di Giove e altri corpi celesti attraverso dei telescopi montati sull’Osservatorio astronomico, che nasce nel 1812. La struttura venne fortemente voluta da Gioacchino Murat, allora re di Napoli. L’Osservatorio svolge un fondamentale ruolo per la promozione, realizzazione e programmazione delle attività di ricerca scientifica e tecnologica nei vari settori dell’Astrofisica sviluppati in collaborazione sia con le Università della Campania, sia con altri istituti nazionali e internazionali.
Impegnati nei principali progetti di ricerca astronomica da Terra e dallo spazio, a Capodimonte lavorano circa 80 persone tra astronomi, visiting scientist, personale tecnico e amministrativo, borsisti, posto-doc e studenti di dottorato.
L’Osservatorio di Napoli, come spiega la brochure di presentazione: «è una della più antiche istituzioni scientifiche napoletane e svolge un ruolo di primo piano nei programmi di diffusione della cultura astronomica attraverso le numerose iniziative educative e culturali per le scuole e la cittadinanza». 
©Riproduzione riservata

LINKS:

http://www.inaf.it/it/sedi/osservatorio-di-capodimonte-na

https://www.nomosedizioni.it/prodotto/cometario/

https://www.wired.it/article/comet-interceptor-missione-spaziale-agguati-comete-come-funziona/

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