Con l’immagine del Palazzo Reale, visto dalla chiesa di San Francesco di Paola (foto), termina la bella iniziativa del quotidiano La Repubblica, promossa dall’editore Grimaldi, con il contributo di molti sponsor e la raffinata competenza del professore Lucio Fino il quale ha sempre coniugato “la scienza dei numeri”, che per molti anni ha insegnato presso la Facoltà di Architettura, con la storia della città rappresentata, in particolare, dalle splendide illustrazioni, opere di autori, molto spesso stranieri, affascinati dalle bellezze naturali e architettoniche della città.
I commenti che accompagnano ogni Tavola, infatti, sono tratti dai suoi studi e riportano le notizie fondamentali fornendo, così, un più preciso orientamento. Anche quest’ultima, come le precedenti sette illustrazioni, è opera del pittore svizzero Philippe Benoist (1813- 1905).
Il pittore ginevrino soggiorna a Napoli nel 1842 con il preciso intento di riprendere alcuni aspetti del Regno di Napoli. La vivacità rappresentata nelle colorate Tavole riflette la realtà di una città capitale di un Regno che, però, sarà messa a dura prova fra non molto tempo; i moti del 1848 lasceranno la città in un clima di attesa verso un futuro non molto chiaro; l’insurrezione popolare, infatti, aveva creato una situazione di insofferenza da parte di Ferdinando II il quale sospenderà a tempo indeterminato la Costituzione appena concessa.
La storia, com’è noto, riserverà un amaro destino alla casa regnante e la città, inesorabilmente, perderà la sua importanza ma non la sua bellezza.
Con la mutata situazione le nuove classi politiche pretenderanno di trasformare la città per adattarla a nuove esigenze; sarà, allora, un togliere ma, più spesso, un aggiungere che cambierà il volto della città cancellando interi quartieri. Sotto il piccone cadranno la sporcizia, il degrado ma anche intere aree che ritroviamo documentate nelle belle Tavole di Benoist.
Il successo dell’iniziativa premia un progetto intelligente rivolto ad un pubblico che, spesso per la prima volta, prende coscienza delle trasformazioni della città.
La visione di queste vedute suggerisce un immediato rapporto fra il prima e il dopo; l’immagine del passato, rispetto alla realtà del presente, impone, inesorabile, un giudizio e la vittoria, per così dire, non sempre sta dalla parte del nuovo. In non pochi casi, infatti, il confronto è impietoso.
Alcune Tavole ripropongono una situazione che, di fatto, ha subito pochi cambiasmenti. Sulla base del Palazzo Reale, ripreso nella Tavola Palais Royale ad esempio, nelle nicchie, aggiunte da Vanvitelli, mancano ancora le otto statue dedicate a quei personaggi che rappresentano le varie epoche della storia cittadina mentre nell’altra Tavola, intitolata Eglise de S.t Francois de Paule, dedicata alla stessa piazza con, in primo piano, la monumentale chiesa di San Francesco, notiamo che gli edifici di via Gennaro Serra presentano una minore altezza con un rapporto fra il vuoto dello spazio urbano e la mole tufacea del castello in alto, sulla collina, molto più accentuato.
Immutata, invece, rispetto a quella attuale, risulta la situazione della strada di Chiaja ripresa, all’altezza dell’omonimo ponte,nell’immagine Le Pont de Chiaja. Diversa appare la realtà rappresentata nelle altre cinque Tavole le quali testimoniano situazioni notevolmente mutate.
Nella Tavola Theatre S.t Charles, dedicata al Teatro, è documentato l’antico quartiere Santa Brigida demolito nell’ultimo ventennio del XIX secolo per far posto alla Galleria Umberto Io. La nuova sistemazione urbanistica salva le chiese di Santa Brigida e di San Ferdinando e arricchisce la città di uno spazio pubblico, di grande qualità architettonica, realizzato secondo le moderne tecnologie costruttive; una soluzione che rappresenta uno degli esempi più validi di questa nuova tipologia che ritroviamo in molte città italiane.
Anche per le funzioni, contenute al suo interno, la Galleria diventerà un importante centro della vita culturale e sociale della città.
Le altre quattro Tavole pubblicate sono dedicate alla fascia costiera, fatta oggetto di profondi piani di trasformazione. Gli interventi interesseranno la vasta area urbana, che dal largo di Palazzo, -precedente nome dell’attuale piazza del Plebiscito- fino al porticciolo di Mergellina. Complessi lavori i quali, in un certo senso, creeranno la più nota immagine paesaggistica della città.
La prima cosa che colpisce nelle quattro immagini è il mutato rapporto della città con il mare. Motivo questo per il quale l’operazione nostalgia, in rapporto alla nuova sistemazione, trova una sua ragione.
In Via Chiatamone, ripresa nella Tavola Rue de Chiatamone et du Château de l’oeuf, ad esempio, la nuova edilizia realizzata sulla fascia costiera, benché non priva di qualità, ha cancellato il rapporto con il mare condannando la precedente linea di costa a una buia, scorrevole corsia di traffico. Ogni traccia delle precedenti dimore nobiliari, con giardini e la lunga spiaggia, documentati dalla Tavola, scompare dietro un nuovo paramento edilizio in parte poi ancora trasformato in questi ultimi decenni.
E la spiaggia, nel suo svolgimento lungo l’arco del golfo, ritorna protagonista della Tavola Jardin Royal la quale suggerisce molte considerazioni. La città è circondata dalle alture del Vomero e di Posillipo le quali conservano ancora, pressoché integro, il loro splendido rivestimento di verde.
Sull’attuale Riviera di Chiaja la continua cortina dei palazzi della nobiltà, che ha scelto questo sito per un nuovo modello di abitazione, appare ancora integra senza le sostituzioni speculative realizzate dopo la seconda guerra mondiale.
In primo piano, in prospettiva, il viale della Villa Reale alla quale si accedeva attraverso i due padiglioni ripresi nel loro volume architettonico. Ma non c’è dubbio che lo sguardo è attratto dalla spiaggia direttamente collegata con il verde della Villa. Le barche, tirate in secca, testimoniano la vera funzione della lunga riva sabbiosa che poi si perderà sotto l’asfalto della successiva via Caracciolo.
Questo esistente, privilegiato rapporto della città con il mare lo ritroviamo anche nella Tavola Promenade de Chiaja nella quale è ripreso l’attuale largo Torretta nome dovuto alla cinquecentesca costruzione, più volte riedificata fino all’attale aspetto.
Negli ultimi vent’anni del XIX secolo, la lunga strada carrozzabile continuerà fino a raggiungere la piccola rada di Mergellina mentre l’ampia veduta sul golfo scomparirà per consentire la costruzione di un nuovo quartiere con due file di edifici ed il viale, oggi intitolato ad Antonio Gramsci.
La conservazione degli aspetti più popolari e più autentici del quartiere non suscitava alcun interesse. La pretesa della bonifica del degrado del luogo, che pure esisteva, divenne un pretesto sufficiente per costruire avanzando sul mare con nuovi immobili del tutto estranei alle caratteristiche ambientali del luogo. E dico pretesto visto che nulla fu fatto per risanare l’edilizia esistente mentre i nuovi immobili, destinati ad un ceto altoborghese, recupereranno tutti i revival propri dell’architettura ottocentesca.
Consideriamo anche un aspetto positivo del nuovo intervento urbanistico; è indubbio, infatti, che il quartiere, con il suo ampio viale alberato, fornisce un’idea di città unico esempio in città di una logica che, in altre realtà -penso a Milano- avrà ben altra applicazione fino a determinare uno degli aspetti caratteristici ed identificativi della città.
Questo stesso criterio di intervento, purtroppo, non vale se consideriamo l’intervento urbanistico realizzato nell’area di Santa Lucia. L’antico borgo, con tutte le sue criticità, è rappresentato nella Tavola Sainte Lucie. La colmata eliminerà gli antichi approdi realizzando una continuità con la strada costiera ma per l’antico quartiere non sarà previsto alcun progetto di risanamento. Sui nuovi suoli sarà costruita una edilizia speculativa quasi sempre senza qualità. Anche la strada, via Generale Orsini, che separa i nuovi volumi edilizi di via Santa Lucia da quelli di via Partenope, di fatto, risulta una strada senza alcun carattere.
Possiamo concludere queste brevi note considerando che la splendida, lunga passeggiata di via Partenope e via Caracciolo solo in parte ci ripaga della perdita della spiaggia condannando la città ad un rapporto soltanto visivo con il golfo.
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