Siamo nel cuore sfarzoso e pulsante di Napoli: Palazzo Reale. La Fondazione Premio Napoli ha riaperto le sue porte, dopo essersi rifatta il look, ed è impossibile rimanere indifferenti alla luce che entra dalle grandi vetrate che si aprono con un ampio respiro su Piazza del Plebiscito.
Il presidente Domenico Ciruzzi ci accoglie con quella che è la premessa culturale dell’ente da lui guidato: dare spazio e modo agli autori e ai lettori di poter godere della cultura, di creare una rete sempre più ampia connessa dall’amore per le parole, cercando un cambiamento attraverso il senso di comunità generato dall’amore culturale.
Palazzo Reale sembra essere il luogo più adatto per la missione, grazie alla sua posizione che permette di mettere in contatto la parte ‘alta’ e ‘bassa’ della città di Napoli.
Si riparte dopo la pausa estiva dal nuovo romanzo di Piera Carlomagno, “Una favolosa estate di morte” (Rizzoli): immediato è il passaggio da piazza del Plebiscito all’atmosfera misteriosa e intrigante della Matera narrata in queste pagine.
Il racconto si apre sul paesaggio affascinante dei calanchi che ricordano un po’ la superficie lunare, mutevole sotto ai raggi danzanti della luce. Ed è proprio lì che vengono scoperti i corpi delle due vittime, l’architetto Sante Bruno e la facoltosa Floriana Montemurro, amanti riconosciuti dall’intera comunità.
Entra, quindi, in campo la vera protagonista, Viola Guarino, la quale seguirà le indagini attraverso il suo doppio sguardo: quello puramente scientifico e quello un po’ più mistico. La nonna di Viola era a suo tempo una lamentatrice, e da questo contatto nasce la capacità della protagonista di mettersi in relazione con le vittime non solo tramite la realtà oggettiva, ma anche con l’essenza dell’esistenza che porta alla condivisione sia del senso della vita che del senso della morte. Il personaggio di Viola è il connubio ultimo tra intuito ed empatia.
Una favolosa estate di morte, come fa notare la scrittrice Vincenza Alfano, è un giallo a tutto tondo, che utilizza di alcun escamotage e segue perfettamente la linea delle storie di Doyle o della Christie.
E Piera Carlomagno dà prova dell’abilità di saper ambientare i racconti in città apparentemente molto diverse tra loro. Prima di narrare Matera ha scritto di Napoli e da questa sua avventura letteraria abbiamo ricavato una bella immagine che la stessa autrice ci ha donato: «Napoli e Matera fanno entrambe parte di me, seppure in due misure differenti. Napoli è come il tufo, assorbe, prende e restituisce ciò che le viene dato.
Mi sento però più vicina alla dimensione privata delle mie origini lucane. Perché Matera è proprio come la sua pietra bianca, custodisce la sua intimità e rinvia lo spettro degli altri colori».
Prossimo appuntamento alla Fondazione, giovedì 3 ottobre alle 17, 30 con il ciclo “I racconti che ci raccontano”: protagonista, la lettura drammatizzata (curata da Giovanni Meola) del testo La morte di Stalin dall‘antologia Gli zii di Sicilia di Leonardo Sciascia.
Per saperne di più
http://www.premionapoli.it/