Per lungo tempo su di lei le tenebre. Non solo un’ammirevole antenata, ma anche la prima donna giornalista in Italia. E spesso ancora ce ne si dimentica. Eleonora Pimentel Fonseca adesso però è una presenza costante in uno dei luoghi che la vide interprete dei messaggi di libertà rappresentati dalla rivoluzione partenopea. Palazzo Serra di Cassano, sede dell’istituto italiano per gli studi filosofici fondato dall’avvocato Gerardo Marotta nel 1975 che di quell’impegno civile fu instancabile divulgatore, fino al suo ultimo respiro (25 gennaio 2017).
E nella dimora di Gennaro, principe rivoluzionario Gennaro, che accolse la nobile signora di origine portoghese con suoi compagni d’idee, sabato 19, alle 19, e domenica 20 maggio, alle 18, in via Monte di Dio 14, torna lo spettacolo Eleonora Pimentel Fonseca, con civica espansione di cuore di Riccardo De Luca interpretato da Annalisa Renzulli, una emozionante Lenòr.
E’ lei stessa raccontarci le tappe del suo percorso artistico come Donna Lionora. «La pièce ha debuttato nel gennaio del 2016 alla Sala del Capitolo di San Domenico Maggiore e replicato nel cortile del Maschio Angioino, al Teatro Area Nord, al Teatro De Simone di Benevento, al Museo Correale di Sorrento. Con le prossime date di maggio giunge a festeggiare le trenta repliche. Una lunga e inaspettata scommessa per uno spettacolo prodotto dal basso».
La fatica del debutto. «Riccardo De Luca ― ricorda Annalisa ― mi aveva proposto il ruolo di Eleonora per riprendere uno spettacolo che aveva ideato in occasione del bicentenario della Repubblica napoletana nel 1999, allora avvalendosi di circa 6 attrici che si alternavano nel ruolo di Eleonora. Considero De Luca un autore di teatro e un artista in generale di grandissimo spessore: motivo di grande orgoglio è stato che mi abbia chiesto di rielaborare insieme la drammaturgia, questa volta per otto attori con un’unica attrice nel ruolo di Lenòr ».
Obiettivo: condensare un lungo lavoro teatrale in un’ora e venti minuti, come nell’attuale allestimento. Un lampo di soddifazione attraversa i suoi magnifici occhi chiari: «E’ stato come prendere una materia densa e darle la consistenza di un laser, sottile e iperconcentrato, ancora più penetrante di quanto non fosse stato il testo precedente, già sintesi del coposo materiale su cui aveva lavorato: i grandi romanzi – Il resto di niente di Enzo Striano e Cara Eleonora di Maria Antonietta Macciocchi insieme a tutti i documenti d’archivio reperiti dallo stesso De Luca, accanto a monologhi originali scritti di suo pugno».
«Ma quanti attori eravate sulla scena? Sembravate una folla…», osserva l’assessore alla cultura del Comune di Napoli, Nino Daniele, quando va in scena la prima rappresentazione. L’opera, infatti, intende restituire anzitutto un affresco di Napoli alla fine del Settecento, la folla dei lazzari, manipolata dal clero e da nobili spesso più lazzari del popolo che intendevano governare. Soltanto in una più ampia descrizione della greve realtà politica, sociale, religiosa, in ultimo antropologica della città, poteva stagliarsi, luminosissimo, il ritratto della Pimentel.
Spiega l’attrice: «Un ritratto prima di ogni altra cosa privato. Anche qui sono stati sorprendenti i commenti del pubblico. Chi già conosceva Eleonora ci ha detto: che meraviglia conoscere la sua vita privata prima ancora della sua vita pubblica. Eleonora è stata a giusta ragione innumerevoli volte rappresentata artisticamente ma quasi sempre come eroina pubblica».
Importante l’inserimento nel testo dei documenti custoditi nell’archivio di Stato e firmati proprio da lei. «Il manoscritto del processo di separazione ― commenta ― è una fonte testuale assai preziosa, credo mai portato in scena, una sorta di prodezza intellettuale di De Luca. Mi sono ritrovata in scena a parlare con le parole di Eleonora, non solo quelle per lei immaginate dalla penna efficacissima di Striano ma quelle da lei scritte».
Così Annalisa ha incontrato una donna ferita, violentata psicologicamente e fisicamente, madre distrutta dalla morte del primo figlio e dalla perdita del secondo ancora in grembo. Un aborto causato dalle percosse del truce marito Pasquale Tria.
Dotata di un’intelligenza e cultura fuori dal comune, di una sensibilità e nobiltà d’animo rare, Eleonora viene alla luce in tutta la sua grandezza, di fronte a una realtà ridotta a brandelli di umanità dalla feroce ignoranza. Una grandezza cui rende finalmente giustizia l’interpretazione di Annalisa, in tutta la potenza del suo manifestarsi.
Per infrangere quell’ignoranza, scrive in vernacolo perché il popolo possa comprendere il credo repubblicano: «Ho attraversato lo spettacolo in toto, in un’ora e venti senza mai uscire di scena dall’inizio alla fine: dopo essersi separata dal coniuge, Eleonora sacrifica la sua vita di donna di corte, i suoi privilegi, i suoi titoli nobiliari all’inseguimento di ideali di uguaglianza, di giustizia, di libertà. E insieme ai suoi compagni patrioti combatte per una società più giusta. Avrebbero potuto risparmiarselo».
Eleonora non è sola in quel palazzo. E’ attorniata da «menti illuminate. Tutti giovani aristocratici, quindi privilegiati, che tanto avevano da perdere, e infine tutto hanno perduto, fino alla propria stessa vita sotto i colpi della restaurazione borbonica, traditi dallo stesso popolo che volevano aiutare».
Leonòr, sulle colonne del suo giornale, il Monitore napoletano, si trasforma in tribuno del suo popolo, in grande combattente. E si combatte davvero, durante la raffigurazione, con il pubblico/popolo da avvincere in una arringa fuori da ogni schema. Alla fine, sarà proprio la plebe a pronunciare parole spietate che la condurranno al patibolo.
Annalisa non mostra solo l’anima della rivoluzione ma anche la dedizione femminile in nome della patria: «La distanza tra Eleonora, portoghese di origini, e il suo amato popolo sono del tutto annullate. De Luca le restituisce la capacità di parlare in napoletano, traducendo nel nostro dialetto settecentesco le meravigliose pagine di Striano».
Quando tutto è perduto rimane la sua essenza profondamente appartenente alla città: sale sul macabro trono dell’immortalità che la consacrerà eroina di Napoli e per Napoli. Una sfida quella di recitare in napoletano, che restituisce tutte le sfumature del personaggio. «E mi torna in mente Eduardo De Filippo che di quel napoletano era profondamente innamorato, al punto di immaginare una Filumena Marturano nel dialetto del Settecento. L’idea non fu portata a compimento, forse per lo slittamento inevitabile del personaggio in un contesto che l’avrebbe probabilmente privato dei suoi significati. Però Eduardo tradusse, con mirabile esito, in quella lingua La Tempesta di Shakespeare».
La prima volta davanti al pubblico, una standing ovation. Che li ha accompagnati dall’inizio in tutto l’itinerario della messinscena. Un capolavoro, l’hanno definito gli spettatori già dal debutto. Sorride Annalisa: «Ho visto il regista, anche attore in scena, imbarazzato da un applauso che superava di gran lunga il pezzo musicale scelto per i ringraziamenti. Noi tutti persi in quell’abbraccio sorprendente e carico di commozione che ha premiato lo sforzo collettivo. E che dietro le quinte si è sciolto, spesso, in lacrime di gioia».
Un incredibile passaparola, con un inaspettato circuito virtuoso che ha portato al sold out e alla chiusura delle prenotazioni in anticipo, malgrado i circa duecento posti a disposizione. «Ho sentito molto forte la condivisione con i miei compagni di scena, tutti attori straordinari che ringrazio per aver reso la vita in compagnia sempre stimolante, a volte carica di tenerezze. Con me hanno retto l’onda d’urto della tensione in momenti difficili: Gino Grossi, Francesca Rondinella, Salvatore Veneruso, Giovanni Sicignano, Marianna Barba, Dario Barbato, Lucrezia Delli Veneri e su tutti il nostro regista Riccardo De Luca, attore formidabile che ci invita al costante superamento dei nostri limiti».
Quando si avvicina l’epilogo, l’emozione cresce. «Ci si abbandona agli stati d’animo del personaggio: mi sorprende la paura, il bilancio della mia esistenza, le gambe che cedono al cospetto del pallido pensiero, eppure l’attore mantiene tutto sotto controllo e allora contemporaneamente vedo chi mi è davanti. La luce illumina appena le prime file, e gli occhi in cui mi specchio sono gonfi di lacrime quando sento che per tutti noi è in arrivo quel messaggio di speranza che Eleonora ci ha lasciati, quel forsan et haec olim meminisse juvabit che De Luca calca due volte accompagnato dal monito de lo munno po’ girà ‘a la mano smerza, un monito che ci indica una via per il futuro». Così uno spettacolo diventa costruzione di una memoria infuturante.
Eleonora superstar ha titolato il quotidiano “Il Mattino”. La stampa tutta ha seguito con grande attenzione lo sviluppo dello spettacolo, il consenso del pubblico: Annalisa ringrazia e serba nel cuore chi le ha lungo tenuta stretta la mano, chi le ha chiesto pochi secondi di empatia occhi negli occhi, chi l’ha abbracciata in silenzio, chi le ha detto avrei voluto salvarti, chi le ha confessato di avere dato volto e sangue alla sua Eleonora, chi è rimasto dietro l’angolo ad ascoltare per timore di non reggere due parole con lei senza commozione, quelli che ancora per strada o tornati a casa hanno sentito l’urgenza di scriverle e, infine, tutti coloro che ci sono stati.
Potere del teatro. Ottanta minuti di spettacolo che hanno prodotto ben più di tanti libri o lezioni, mettendo in moto la curiosità della platea, allargandole gli orizzonti, raggiungendo quanti, pur non conoscendo i fatti del 1799, sono andati a vedere chi offriva brividi al cuore.
E un sentito grazie Annalisa lo rivolge al presidente Massimiliano Marotta, figlio di Gerardo, che ha voluto inserire stabilmente la pièce nel calendario delle attività svolte dall’Istituto Italiano per gli Studi filosofici.
Un piccolo grande miracolo. Del teatro senza finanziamento ministeriale, né ombrello protettivo degli abbonamenti. Annalisa e gli altri. Lei, Donna Lionora, l’attrice che ha fatto commuovere Napoli. Come le disse l’avvocato Marotta quando l’accolse a casa sua. Annalisa e gli altri. Protagonisti della Storia indimenticabile.
Eleonora Pimentel Fonseca, con civica espansione di cuore
Accanto ad Annalisa Renzulli e Riccardo De Luca, in scena Francesca Rondinella in veste di cantante oltre che di attrice, Gino Grossi, Salvatore Veneruso, Giovanni Sicignano, Marianna Barba, Lucrezia Delli Veneri.
Costo biglietto 15 euro
Si consiglia di prenotare
Stati teatrali 327.7022940 – 339.3113514