W Napoli, W Maradona. Inni sulla lavagna di un liceo (emiliano) anticipatori di un destino. Daniela Pergreffi, pittrice, arriva a Napoli per amore. “Ho conosciuto il mio compagno a Bologna, all’epoca assistente all’Accademia… mi segu per la tesi…”. Cos, dal 1994, comincia una spola tra Napoli e l’Emilia, fino poi a restare.
Un destino che, l’artista stessa, rivela inaspettato. “Trasferirmi qui era fuori dai miei orizzonti. Poi, su, era vista come l’inferno, ma a me ha sempre affascinato dai tempi del liceo. Erano gli anni di Maradona, da noi visto come il diavolo in persona. Per di più era a(l) Napoli. Cos incarnava il perfetto capro espiatorio di tutti i mali. E io, con spirito da bastian contrario, scrivevo sulla lavagna W Napoli, W Maradona”.
Partenope la conquista. ” bella come poche altre. E possiede una tradizione culturale/artistica che per chi si occupa di queste cose è linfa vitale”. Una linfa che si riflette anche nell’uso dei colori. “Quando frequentavo l’Accademia a Bologna, i miei lavori erano tendenti al cupo, con toni scuri. Qui, ho trovato colori che prima non usavo”.
Invariato il tema centrale della sua arte: la figura umana. ” il mio soggetto privilegiato. Una presenza, un totem”. E, infatti, tra i suoi maestri, spunta il nome di Michelangelo. “Mi piace la sua concezione della figura umana: l’unico soggetto che vale la pena di riprodurre in arte, e quel senso dell’eroismo dell’uomo, l’esserci nostro malgrado”.
Nonostante il rapporto con la citt sia sereno, “sento che mi appartiene. Penso che si possa nascere in un posto per poi trovare il luogo ideale in cui stare”, a volte capitano episodi che “mi fanno pensare di partire”. Insegnante di educazione artistica in una scuola media a salita Pontecorvo, vive giornalmente una realt difficile. “Ho delle classi a rischio. Ragazzi con delle storie tremende alle spalle. E se da un lato percepisci il loro dolore e ti fai carico dei loro problemi, dall’altro ti riversano addosso un mondo di violenza, sopraffazione, volgarit cos duro che non ce la fai a reggere. Io mi pongo in modo gentile, ma non l’accettano e pensano che li voglia circuire. Non conoscono il linguaggio della gentilezza. Spesso torno a casa devastata”. Come capitato di recente. “Avevo portato a scuola colori, matite, fogli. Alla fine dell’ora era tutto distrutto. più forte di loro, non lo fanno apposta, alla fine erano anche mortificati. Covano dentro troppa aggressivit e la sfogano rompendo”. L’arte potrebbe aiutarli? “Si, ma è difficile trovare l’approccio e servirebbe una full immersion, non una sola ora settimanale…”.
Solita alla tecnica dell’acquarello su carta, perch “è bello, veloce, ma anche difficile… mentre si asciuga può anche sciogliersi tutto…” con le lezioni di architettura ha arricchito il suo approccio al disegno. “Il senso dello spazio e della composizione sono importanti, anche in un lavoro astratto. Persino il disegno più semplice è un esercizio di composizione. Lo studio del disegno architettonico mi ha aiutato a trovare riferimenti precisi. Prima andavo troppo a istinto”.
Cosa riserva il futuro? “Lavoro sempre a tante cose e da un lavoro ne nasce un altro. Ora sto preparando collettiva al Pan dedicata agli illustratori. Il tema sar Rodari e ci cimenteremo con le sue filastrocche. Poi sto lavorando a un quaderno d’artista a tiratura limitata per Vittorio Avella, i “Quaderni del merlo”. Forse, una mostra al Penguin con piccoli lavori e… dei lavori di grosse dimensioni per una mostra che non anticipo per scaramanzia…”.
Nelle foto (di Maria Volpe Prignano), Daniela Pergreffi e alcune opere dell’artista