Le faccine al posto delle parole. Il nuovo esperimento dell’ Università L’ Orientale di Napoli: tradurre Pinocchio in emoji, i simboli pittografici utilizzati negli sms e nei social. Un progetto ambizioso e unico curato da Johanna Monti (docente di linguistica computazionale e Traduttologia all’Orientale), Francesca Chiusaroli (docente di Linguistica generale all’università di Macerata) e dall’ingegnere informatico Federico Sangati. Obiettivo, creare una grammatica delle immagini che possa essere compresa da tutti.
Il progetto, frutto dell’integrazione di metodologie differenti, partito a febbraio, terminerà entro fine anno. Il testo tradotto sarà pubblicato in volume con l’originale a fronte, glossario e introduzioni dei curatori. Per ora la traduzione può essere seguita su twitter mediante gli hashtag #emojitaliano, #emojitalianobot, #Pinocchio.
L’idea – spiega Monti – nasce dall’incontro con la collega Chiusaroli che, nel 2010 ha avviato, insieme a Fabio Massimo Zanzotto, il progetto di ricerca interdisciplinare “Scritture brevi”, concretizzato nella realizzazione di una serie di workshop sull’argomento e, nel 2013, nel blog gestito dalla stessa professoressa dove i followers sono invitati a ripensare in emoji una frase del testo originale della fiaba più famosa.
A fine giornata i ricercatori scelgono quelle ritenute migliori e pubblicano un tweet con il glossario ufficiale. Gli studiosi hanno realizzato, contestualmente, un dizionario che ha anche una versione digitale, «EmojitalianoBot», il primo bot (programma automatico) di traduzione di emoji-italiano all’interno del Telegram, popolare piattaforma di messaggistica istantanea. Il tool, aperto e gratuito, contiene in partenza il dizionario emoji-italiano e emoji-inglese basato sulle descrizioni Unicode e man mano integra le voci del glossario con tutti gli usi degli emoji accolti per la traduzione di Pinocchio.
Il bot contiene anche un gioco che consiste nell’indovinare le corrispondenze già fissate e consente di verificare le proprie capacità di memoria e di intuizione. Si tratta, quindi, di un processo collaborativo che chiede e valuta il contributo della gente attraverso la nuova frontiera del crowdsourcing e l’approccio della gamification.
«Il gioco – sottolinea la docente- è uno strumento utile per coinvolgere e motivare le persone a partecipare. Siamo al settimo capitolo. Ci fermeremo al quindicesimo. Stiamo lavorando insieme a Martin Benjamin e Sina Mansour del Kamusi Project International e EPFL (Politecnico Federale di Losanna-Svizzera) a una versione multilingue, “EmojiworldBot”, che darà la possibilità di tradurre una parola in emoji e viceversa in 72 lingue. Prima di lanciarlo pubblicamente vorremmo incrementare dei giochi che stiamo sperimentando in una versione beta con alcuni studenti del mio corso di Traduttologia provenienti da quattro università cinesi. Ho chiesto ai ragazzi di fare dei confronti tra le descrizioni degli emoji in italiano e le descrizioni in cinese per capire come vengono recepiti nella loro cultura. E’ emerso che pinocchio dice le bugie anche in cinese. Viene quindi accettato come un emoji che simboleggia qualcuno che è bugiardo. Vengono fuori delle cose molto interessanti dal punto di vista interculturale».
I ricercatori stanno infatti lavorando alla realizzazione di progetti volti a utilizzare @Emojitalianobot all’interno di approcci didattici inclusivi per le persone disabili e in contesti di insegnamento dell’italiano nell’accoglienza dei migranti. La difficoltà è il numero limitato degli emoji, ovvero la mancanza dei segni per produrre un concetto. Il Consorzio Unicode ha annunciato che da giugno arriveranno nuove faccine (circa settanta), tra cui anche pinocchio. Mentre prima si utilizzava l’omino che corre con i jeans e la maglietta arancione, ora il burattino avrà il naso lungo.
Quello di Pinocchio non è il primo esperimento di traduzione in emoji. La novità, rispetto a altri testi tradotti (tra cui Alice nel Paese delle Meraviglie, Moby Dick, la Bibbia), sta nel fatto che cerca di articolare una vera e propria grammatica per stabilizzare l’ordine soggetto, predicato, complemento e l’associazione concetto-emoji.
Le faccine sono entrate nelle nostre vite, tanto che oggi rappresentano un vero e proprio lessico che comprende circa 800 parole. I pregiudizi circa il loro uso non sono pochi. I puristi ritengono che mettano a rischio la conservazione della purezza della lingua italiana. Monti precisa che «non si tratta solo di un divertimento, ma dietro c’è tutta una serie di sperimentazioni linguistiche. Tutto è nato dal volontariato. Molto importante, aggiunge, è stato il contributo della comunità di “Scritture Brevi” ».
Il progetto non vuole distruggere la lingua italiana, ma sperimentarne una nuova, comune, in grado di superare le barriere linguistiche e psicologiche che dividono le varie culture. La ricerca consente di sperimentare strategie di costruzione di un codice artificiale veicolare, comprensivo di un sistema di segni con valore logografico e di regole morfologiche-sintattiche dedotte sulla base di istanze universaliste e principi di economia linguistica che riguardano la dimensione testuale oltre che lessicografica. Le faccine aggiungono una nota colorata al testo e di sicuro parlano una sola lingua, quella dell’immagine che tutti comprendono.
Per saperne di più
www.scritturebrevi.it
@FChiusaroli account twitter su cui si può seguire la traduzione di Pinocchio
@selena245 account twitter su cui si possono seguire gli sviluppi di emojitalianobot e emojiworldbot nonché l’esperimento con gli studenti cinesi de “L’Orientale”
Nella foto, il primo capitolo della favola di Collodi tradotto in emoticon