La voce Treccani della parola misericordia conta circa 3900 caratteri, spazi esclusi. Nonostante il significato della parola verta su pochi termini (sentimento di compassione che spinge all’azione), è evidente che si cerchi di spiegare cosa sia la misericordia ragionando, per difetto, sulla natura di sentiment mancante nelle vicende umane.
Nel progettare Ex Novo (da principio, daccapo, già che ci ha preso il prurito etimologico) Luciano Romano si è misurato proprio con la difficoltà di incontrare il senso di quella appare come una parola desueta, partendo dalla vita di tutti i giorni.
Ex Novo si compone di un polittico di sei fotografie, svincolato dal puro linguaggio dell’obiettivo per lasciare un’esperienza plastica fatta di teatro, cinema e pittura barocca.
Un’esposizione dalla genesi lunghissima, nata da suggestioni artistiche e sviluppata in 4 anni con la calma e la ponderazione facilmente rintracciabile in tutti i lavori di Romano. Curata da Marina Guida e allestita dall’architetto Giovanni Francesco Frascino, la mostra ha ricevuto il matronato della fondazione Donnaregina. E non a caso.
Sei fotografie ispirate a una molteplicità di dettagli di molte opere ma che beneficiano della quotidianità ricca di incontri del loro autore.
La volontà di riscrivere le regole della composizione fotografica è solo uno dei motivi di pregio della mostra.
Romano non passa attraverso la selezione verosimile della macchina (che si arrangia con quello che trova), ma pensa alla foto come se volesse dipingerla, parlando il linguaggio della composizione pittorica.
I ritratti, inseriti perfettamente su sostegni creati appositamente per scomparire, vengono assorbiti e lanciati nella simmetria da capogiro delle paraste della chiesa, nei i colori dei marmi del cotto maiolicato, in un cortocircuito visivo che li attrae e li respinge.
Soprattutto spingono verso la straordinarietà dell’opera caravaggesca che chiude, assieme alle sei fotografie, il numero 7 (nella simbologia cristiana rappresenta la perfezione finita: due linee perpendicolari che si incrociano).
Un’esposizione, quindi, perfettamente integrata in un un luogo difficile da rispettare. E qui entra in gioco la dinamica cruciale del lavoro di Romano.
Mostrare una violenza velata in tempi di violenza esplicita e totale. Una violenza che la società vive, in cui il diluvio di immagini deride il senso delle tragedie, creando spettatori incapaci di porre un freno, alieni a qualsiasi possibilità di intervento.
Ex Novo esplora la violenza sotterranea, pronta a scattare, ma non ripresa al suo apice. La denuncia all’osservatore, invitato a fare qualcosa, catapultato nella possibilità di interferire.
Per esempio, i due ritratti posti ai lati del capolavoro caravaggesco aprono uno squarcio sulla tematica della violenza sulle donne: l’uno ispirato alla Sant’Agata di Francesco Guarino, l’altro alla Strage degli innocenti di Guido Reni. Entrambi svincolati dalla tragedia consumata: senza macchie di sangue (sono poche e discrete, ma presenti, nell’originale di Guarino) e senza stragi (come nel caso di Reni).
La Sant’Agata di Romano, è così una giovanissima donna che si copre il seno, non macchiato alla maniera di Guarino, ma partecipe della tragedia attraverso un gioco espressivo composito: la morbidezza dei lineamenti adolescenziali contrasta con il dolore degli occhi di chi ha pagato le estreme conseguenze delle sue scelte (sant’Agata, una delle prime martiri della cristianità, fu mutilata del seno per il rifiuto opposto ad un uomo di potere romano).
L’immagine che si ispira al quadro di Reni e alle due donne urlanti di Guernica (a detta di Picasso ispirate proprio a Reni), gioca sulla fluidità del gesto in divenire, poco prima che la tensione feroce della stretta possa sbilanciare all’indietro la testa della vittima.
Questo gioco al ribasso pone in realtà un accento sulla natura velata ed emozionale della violenza che l’intera società pratica nei confronti della donna. Una violenza in cui quella fisica è solo la parte propriamente manifesta.
Discorso simile per il ritratto ispirato alla decapitazione della Medusa di Luca Giordano. A ruoli invertiti, un braccio possente afferra la testa riccioluta di un giovane (a prestare la sua è Filippo Scotti, l’attore di Sorrentino) animata da uno sguardo non spaventato ma sorpreso nell’intuizione della tragedia che si sta per consumare.
Donne e uomini, giovani o giovanissimi, i soggetti di Romano che mette sotto i riflettori, una generazione affacciata su un mondo inferocito.
A Caravaggio, invece, è dedicato il ritratto con tre figuranti, veri migranti, che portano via dal mare quello che apre essere il corpo di un uomo. A ruoli invertiti. Non è nera la pelle della persona portata in spalla, ma bianca. Un’immagine che fa il verso ai piedi che bucano il quadro di Caravaggio, ripresi nell’opera di Luca Giordano sulla peste a piazza Mercato. Qui i significati possibili si sprecano. Spetta a chi guarda trovare la sua veridicità.
Quei piedi sono di un morto o di un vivo? si tratta di un salvataggio o di una scena funebre? Ambiguità che gioca un ruolo importante anche nei due ultimi ritratti, l’uno ispirato alla Deposizione di Cristo di Luca Giordano, l’altro al Miracolo di San Gennaro che esce vivo dalla fornace, dello Spagnoletto. Entrambi legati ad una sensualità non esplosa, ad un misticismo non esplicito, ad una enigmaticità non scioglibile che apre la strada a una prateria di interpretazioni.
Associata alla sacralità, la misericordia ha elementi in comune con quella carità di ispirazione divina che rende la prima lettera ai Corinzi uno dei momenti più alti della lucidità cristiana. Una capacità meramente divina, ma che il Merisi riuscì a dipingere in un gioco di equilibri tra celeste e terreno impossibile a realizzarsi.
Un capolavoro che anticipa il cinema di 400 anni, strappato dal tessuto urbano dei quartieri vissuti da un Caravaggio in rotta da Roma, che voleva al sua testa a seguito dell’omicidio Tommasoni. Un quadro che ha impressa tutta l’interiorità da animale braccato di quel momento della vita del suo autore.
A questo linguaggio avanguardistico si lega l’opera di Luciano Romano. Animata da un forte senso etico, e della serietà per il lavoro di creatore di senso che il suo autore maneggia con maestria, Ex Novo ci introduce ad dinamiche sociali reali, nostrane.
Linguaggi e significati a noi vicini, non alieni ma spesso troppo imperfettamente noti.
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Per saperne di più
www.lucianoromano.com
Luciano Romano
Ex Novo
a cura di Marina Guida
organizzazione di Gianpaolo Brun
allestimento di Giovanni Francesco Frascino
Napoli, Pio Monte della Misericordia
Fino al 10 luglio 2022
Orari visite: dal lunedì al sabato dalle ore 10.00 alle ore 18.00, ultimo ingresso ore 17.30. Domenica dalle ore 9.00 alle ore 14.30, ultimo ingresso ore 14.00.