La figura di Bruno Galluccio è peculiare e originale, per certi aspetti addirittura primitiva. Come un Baruch Spinoza dei nostri giorni (non dimentichiamo che il titolo completo della sua opera principale è Ethica more geometrico demonstrata) utilizza il linguaggio poetico e quello matematico per esprimere la propria visione del mondo.
Un tempo non avremmo sottolineato questo sincretismo disciplinare; il sofòs, prima della divisione dei saperi a opera di Aristotele, era un indagatore e conoscitore delle cose del mondo a 360°. Certo, ciò ha permesso un enorme avanzamento in ogni campo del conoscibile, oltre che alla nascita di discipline sempre più specifiche, però forse è il caso di accantonare le incomprensioni e i pregiudizi tra mondo umanistico e scientifico, cogliendo l’invito del poeta ad osservare le cose del mondo, sempre e comunque, con autentico e consapevole stupore; incarnando la massima di Seneca che esorta a “vivere secondo [la propria] natura”, Bruno non può che guardare con sguardo meravigliato il dispiegarsi di un circuito elettrico o le equazioni di Einstein, rompendo anche una certa retorica della bellezza.
Fin qui tutto chiaro. Facciamo un passo oltre. La caratteristica principale della poesia sta nella traduzione di un’idea, una percezione o un sistema di pensiero in un codice linguistico ben specifico. Ora chiedo a voi: le equazioni non fanno esattamente la stesa cosa? Non riassumono una legge o un’intuizione in un codice settoriale? Come vedete, le divisioni sono apparenti, o peggio, scelte ben ponderate.
La misura dello zero, in quanto titolo, sembra appunto un equazione del tipo x=?, dove lo zero è l’incognita da ritrovare, mentre l’opera intera ne è lo svolgimento. Lo 0 è una figura anomala, associata principalmente all’assenza, al vuoto, al nulla, contrapponendosi all’idea di Dio, che rappresenta, invece, la pienezza e la presenza.
Ma, come l’idea di Dio, il vuoto e il nulla sono più una convenzione che un dato reale; “oggi sappiamo che il vuoto non esiste/ci sono ovunque fluttuazioni quantistiche/ovunque perturbazioni di campo” scrive Bruno in una delle sue prime poesie, o ancora “la solitudine è sul carrello in movimento/che ci porta lungo lo spazio/non più indipendente”.
Ricordando la figura di Epicuro, Bruno Galluccio ci esorta a non temere il vuoto, che non è una presenza abissale e sproporzionata ma qualcosa che ha una misura e delle regole tangibili; c’è come un sostrato irriducibile, un fondo che connette solitudine a solitudine, corpo a corpo, io e altro. Questa “misura dello zero” sembra essere il tempo.
Nell’analisi di un evento in campo scientifico, il tempo è un elemento fondante e imprescindibile; diceva Aristotele: “tempo è il nome che diamo al cambiamento”. Se le cose del mondo sono tali in quanto soggette al cambiamento, allora la loro assenza è semplicemente un effetto del cambiamento, non l’annientamento della cosa stessa; ciò che resta del fenomeno misurato è il dato, la legge, l’equazione che porta con sé quel preciso vissuto; “il mondo è fatto di anni/la storia di corpi/tu ed io siamo lungo la scalinata/sullo stesso gradino“.
Ecco, Bruno Galluccio ha risolto l’equazione, ha trovato l’incognita: 0≠assenza, o meglio x=T:V, dove T è il tempo e V il vissuto.
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IL LIBRO
Bruno Galluccio
La misura dello zero
Einuadi
Collezione di poesia
Pagine 138€
euro12,50
L’AUTORE
Bruno Galluccio è napoletano, laureato in fisica, ha lavorato in un’azienda tecnologica occupandosi di telecomunicazioni e sistemi spaziali. Il suo primo libro di poesia, Verticali, è uscito per Einaudi con cui ha pubblicato anche La misura dello zero.