Quale futuro per Napoli? Una risposta arriva da “Quartiere della cultura. Mann, Unina e Invitalia per la rigenerazione urbana”, nuova piattaforma online e volume presentati nella sede centrale dell’università Federico II.
Il volume scritto dal direttore del Museo archeologico nazionale di Napoli, Paolo Giulierini, Daniela Savy (docente all’ateneo federiciano e referente del progetto di disseminazione Obvia), Francesco Bifulco (docente all’Ateneo federiciano) e Vittorio Fresa offre spunto al dibattito sul distretto culturale del presente e del futuro.
Spiega Sandro Staiano (direttore del dipartimento di Giurisprudenza dell’ateneo): «Nel cuore dei problemi che riguardano una città come la nostra, vengono prefigurate proposte di interventi fondamentali e tutto quello che è scritto in questo libro molto denso è legato al tessuto di rapporti istituzionali». In questo volume, infatti, si intrecciano sostenibilità, promozione delle specificità del quartiere e nuovi progetti di ricerca e studio, attuati dai giovani del territorio.
«Il volume è la sintesi di un’azione sul territorio e si percepisce l’intento di voler andare avanti rispetto a una singola missione dell’università o del museo, e di puntare a generare una serie di impatti sul territorio» aggiunge Antonio Pescapè (coordinatore delegato alla innovazione della Federico II) che è delegato proprio alla gestione della terza missione dell’università.
La terza missione è quell’insieme di attività e processi che collegano l’Università, la ricerca scientifica e accademica, con il territorio, con l’obiettivo di promuoverne lo sviluppo economico e culturale attraverso la collaborazione di varie figure e competenze.
Sul ruolo sociale dell’università si sofferma Mita Marra (coordinatrice del gruppo di lavoro di valutazione d’impatto del Mann, in collaborazione col centro interdipartimentale Raffaele D’Ambrosio) puntando i riflettori sul «modus operandi, che è ciò che cambia».
«Le tre componenti chiave- sottolinea- sono l’idea del quartiere come attrattore culturale, che si apre, assieme al museo, ponendosi come un luogo di scambio e incontro, nonostante gli ultimi periodi di pandemia e isolamento».
E non solo attrae risorse ma diventa anche «incubatore secondo l’idea della “nursery” , di cura e impegno nell’allevare le idee delle imprese e nell’ascoltare le esigenze degli imprenditori».
«Il quartiere della cultura mediterranea» per Angelo Abignente (delegato all’Innovazione della commissione del dipartimento di giurisprudenza) è quasi il motto di tutta l’operazione: ripropone identità attraverso le tradizioni e un “nuovo protagonismo”, per creare qualcosa di nuovo in vista nuove generazioni. L’Italia si rivela sempre di più non come una pietra preziosa incastonata in un anello, ma come un ciondolo: e cos’è che dà valore al ciondolo? Il messaggio che ci si scrive, ed è questo il compito dell’università: scrivere un messaggio per il Mediterraneo da costruire».
Un progetto ancorato nel presente, esempio di buona politica attiva, non più legata solo ad alcune sfere alte della società, ma alla concreta creazione di posizioni di occupazione e di progetti di innovazione attraverso le risorse messe in campo (Unesco, pnrr, Cis), riqualificando l’area, con l’ideale di rendere tutta la zona pedonale, costituendo un’isola della cultura. L’Italia si rivela sempre di più non come una pietra preziosa incastonata in un anello, ma come un ciondolo […]: e cos’è che da valore al ciondolo? Non tanto la sua consistenza intrinseca, ma il messaggio che ci si scrive, ed è questo il compito dell’università: scrivere un messaggio per il Mediterraneo da costruire, in simmetria con i grandi musei europei.
Ma per realizzare tutto ciò, c’è bisogno anche di una forte inclusione delle comunità, soprattutto degli ultimi e dell’est europeo: «Le mostre devono servire a qualcosa, non solo alla ricerca, ma anche alla connessione del quartiere. E la mostra, in programma, sulla Napoli bizantina può essere un piccolo tentativo per ricucire questa grande ferita», precisa Giulierini. Un tentativo di dimostrazione di vicinanza alla comunità ucraina locale che trova le sue radici nella storia, cioè nella continuità dell’impero che al tempo legava la Russia, fino all’attuale Turchia e poi a Napoli.
La scelta del digitale apre al grande pubblico, come specifica Daniela Savy. «Abbiamo creato questo portale, presente sul sito dell’ateneo per rendere fruibile questi percorsi turistici-culturali».
La piattaforma presenta un’introduzione di Giulierini sulla questione etica e di economia sociale che ne è alla base, seguita da tutti i progetti creati dalla squadra in partnership tra l’Ateneo e il museo, con la volontà di ampliare il portale, aggiungendo sempre nuove attività, anche ideate da altri docenti dell’istituzione universitaria.
Tra i progetti inseriti, “Extra-Mann”, una rete di 39 siti culturali legati da un percorso turistico-culturale, connesso anche a un’app disponibile per tutti i dispositivi mobili, che permette a cittadini e turisti di scoprire questi fondamentali luoghi della cultura.
E, ancora, “Il Mann per il sociale”, sul quartiere della Sanità e (in futuro) sul quartiere di Forcella, per informare l’associazionismo del territorio e aiutare la rigenerazione urbana attraverso i fondi Invitalia.
“Mann in Campus” prevede invece didattica e attività laboratoriale per gli studenti, anche attraverso master per il DSU dell’ateneo, direttamente nelle sedi museali del Mann.
Sono, infine, in dirittura d’arrivo altri progetti green come percorsi bike, resi disponibili ai cittadini sempre attraverso app, studiati dagli studenti di Agraria dell’Ateneo che partono dalla Galleria principe, passano per Napoli Est (verso Portici), e si concludono a Napoli Ovest e Procida (capitale della cultura di ques’anno).
Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la collaborazione di Invitalia. Il progetto è stato fondato sull’informazione del pubblico e sull’ascolto dei potenziali imprenditori o appassionati al perseguimento di questi obiettivi sul territorio.
I soggetti interessati sono stati coinvolti con webinair tematici mensili, che hanno portato poi a incontri focalizzati con le realtà subito interessate a mettersi in gioco e all’istituzione di un meccanismo di maturazione delle proposte che precedentemente avevano difficoltà a emergere.
Grazie alla collaborazione con Invitalia, sono stati attualmente presentati una serie di programmi finanziari e imprenditoriali dal valore di circa 2 milioni di euro, che sono “una goccia in un oceano”, come commenta Vittorio Fresa, per il team di lavoro del progetto.
Ma l ’impresa della rigenerazione culturale e territoriale, per quanto complessa, è una necessità e, allo stesso tempo, una grande opportunità di rinascita e rinnovamento per il nostro territorio.
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