Se vogliamo realmente scoprire i motivi e le cause del continuo incremento di patologie neoplastiche in tutto il mondo negli ultimi decenni è necessario e urgente mettere in campoun nuovo modello di cancerogenesi. infatti evidente che un modello basato sullo schema neodarwiniano delle (poche) mutazioni stocastiche (casuali) vantaggiose, premiate dalla selezione naturale non potrebbe spiegare questo continuo aumento che non concerne soltanto i soggetti anziani, ma tutte le et e persino i bambini.
I DANNI PRODOTTI
Dovrebbe essere ormai evidente che soltanto la drammatica trasformazione dell’ambiente prodotta dall’uomo in pochi decenni e, in particolare, l’inquinamento chimico-fisico dell’atmosfera, dell’idrosfera e delle catene alimentari può spiegare quest’incremento. Sarebbero essenzialmente le piccole quantit quotidiane di agenti chimici potenzialmente genotossici e di radiazioni ionizzanti e non a indurre un’alterazione progressiva dell’assetto epi-genetico di tessuti ed organi, provocando l’instabilit del genoma e, nel medio-lungo termine, mutazioni genetiche e aberrazioni cromosomiche.
Le epi-mutazioni e mutazioni pro-cancerogene e cancerogene e le stesse traslocazioni pro-leucemiche (presenti a volte gi nel feto e nel lattante!) non dovrebbero essere considerate casuali, bens reattive alle sollecitazioni e informazioni provenienti dall’ambiente e dal microambiente. L’inquinamento non è la semplice diffusione di molecole più o meno dannose per organi e tessuti, ma la trasformazione eccessivamente rapida (pochi decenni) della stessa composizione molecolare dell’ecosfera e in particolare della biosfera e delle catene alimentari, secondaria all’immissione massiccia in essa di molecole precedentemente presenti in minime quantit o addirittura non presenti, nell’ambito di un processo co-evolutivo che dura da miliardi di anni.
NUOVI INQUINANTI
Le più pericolose tra queste molecole sono quelle che, non essendo metabolizzate dagli organismi superiori si vanno accumulando nei loro tessuti ed organi e bio-magnificando negli ecosistemi e nelle catene trofiche. Un aspetto particolarmente preoccupante di un simile bio-accumulo consiste nel carico chimico (chemical burden “fardello chimico”) che è di sempre più frequente riscontro nelle ricerche su sangue cordonale, placentare e fetale se si tiene in debito conto tale via di esposizione, sempre più collettiva e ubiquitaria, è facile comprendere i limiti degli attuali studi tossicologici ed epidemiologici, che pure rappresentano i principali strumenti disponibili per valutare i rischi che l’esposizione a fonti di inquinamento, puntuali o diffuse sul territorio (e nelle catene alimentari), comporta.
Per quanto concerne lo smaltimento di “rifiuti” è ormai noto da anni che gli inceneritori sono impianti pericolosi, perch creano nuovi inquinanti e ne incrementano la bio-disponibilit proprio le temperature più alte, che dovrebbero dissociare molecole complesse e pericolose (in particolare le diossine), determinano una maggior produzione di particolato ultrafine (0,1 micron) che rappresenta il miglior mezzo di diffusione di metalli pesanti e molecole tossiche attraverso tutte le barriere biologiche (placenta, barriere alveolare ed emato-cerebrale, membrane cellulare e nucleare) danneggiando le principali biomolecole e, in particolare, il Dna. D’altro canto anche gli inquinanti bloccati dai sistemi di filtraggio finiscono nelle ceneri, le quali devono essere smaltite in discarica o vengono immesse nel circuito edilizio, diffondendo lentamente gli inquinanti nell’ambiente.
RISCHIO MALATTIE
Numerosi studi (vagliati anche dall’Istituto Superiore di Sanit ) e, in particolare alcuni studi francesi (su 25 milioni di persone residenti nei dintorni degli inceneritori) e italiani hanno documentato un incremento significativo di linfomi non Hodgkin, sarcomi dei tessuti molli e altri tumori (spesso con correlazione inversa alla distanza). Bisogna infine ricordare che l’inquinamento di tutte le matrici ambientali non produce soltanto tumori e altre malattie gravi, ma un’instabilit più generale dei genomi (non solo in ambito umano) un rischio fin qui enormemente sottovalutato.
*Presidente del Comitato Scientifico dell’ISDE (International Society of Doctor for Environment)
In foto, il ciclo dell’inquinamento