Ecco un nuovo racconto di Francesco Divenuto, intitolato “Attesa”.

Anche oggi non è venuta; ed anche oggi lui l’ha attesa per molto tempo.
Sono giorni, ormai, che, ogni mattina, lui, professore in pensione, viene nel bar ed aspetta. Occupa sempre lo stesso tavolino e la scelta non è senza una ragione.
Da dove siede, infatti, può vederla arrivare già dall’inizio del lungo viale. Riconosce la svelta sagoma che avanza ed ha il tempo di prepararsi: si ricompone nella sua postura drizzando la schiena, apre il libro fingendo una particolare attività e, intanto, rallenta il battito del cuore per assume un atteggiamento disinvolto quando lei gli passerà accanto per accomodarsi, a sua volta, ad un tavolino poco distante. Lui abbasserà la testa accennando ad un leggero saluto al quale lei risponderà con un sorriso dolce e luminoso allo stesso tempo.
Le prime volte, quando entrava, la donna consumava un caffè e una veloce colazione, in piedi al banco per poi andar via con lo stesso passo deciso. Tutto lasciava immaginare un programma, una precisa organizzazione della giornata lavorativa.
Lui la seguiva con lo sguardo ipotizzando, per la bella sconosciuta, incontri importanti e possibili impegni di lavoro; certo di responsabilità, per quella donna così elegante nel suo incedere e così determinata nel suo atteggiamento. Il vicino istituto era diventato, nelle varie ipotesi avanzate, la meta più probabile. Un orario scolastico che non ammette ritardi poteva giustificare quella precisione nella donna: arrivo al bar sempre alla stessa ora -aveva controllato- un ordinativo da consumare al banco e poi via con la stessa sollecitudine.
Una volta, ricordava bene, poiché il bar era particolarmente affollato, la donna si era fermata sull’ingresso e poi era tornata indietro. Particolare, questo, che lo aveva convinto della sua ipotesi; la donna doveva essere un insegnante del vicino liceo.
Anche l’assenza sempre nello stesso giorno avvalorava questa ipotesi.
Ma non era soltanto questo il motivo, ossia il lavoro svolto dalla donna, che aveva incuriosito il professore; era indubbio che anche l’aspetto fisico aveva attirato la sua attenzione; la discreta bellezza ed un portamento, certo risultato di una cura costante, se non una vera e propria attività sportiva, che, in qualche modo, doveva aver contribuito alla fisicità della donna la cui età anagrafica poteva essere considerata solo un incidente; l’eleganza discreta che caratterizzava ogni gesto, ogni più piccolo atteggiamento: il passo leggero e sicuro, il tono di voce con il quale chiedeva si rivolgeva al banco, insomma tutto era improntato ad una naturale grazia.
Una evidente signorilità determinata da una abituale capacità di rapportarsi alle esigenze che ogni diversa situazione richiedeva. Tutto questo, pensava, certo frutto di una educazione, una vera regola di vita presente in ogni attività, in ogni momento del giorno a prescindere dall’ambiente che, forse per motivi di lavoro, era costretta a frequentare.
Su questi pensieri, ossia sulla vita diciamo pubblica della donna, ogni giorno l’uomo aggiungeva un tassello, correggeva una sua precedente convinzione senza però spingersi mai oltre, senza mai cercare di violare diciamo la sfera intima della donna. Questo almeno fino al giorno in cui la donna era arrivata accompagnata da un uomo con il quale mostrava una certa familiarità.
Al professore non era sfuggito lo sguardo con il quale l’accompagnatore le si rivolgeva. Forse solo un collega, aveva pensato, senza nascondersi, con una punta di gelosia, che l’atmosfera che avvolgeva i due, poteva anche preludere ad un corteggiamento; l’inizio di una intesa che non lasciava indifferente la donna.
Per la verità l’avvenimento era stato presto dimenticato in quanto si era trattato di un unico episodio.
Ora l’assenza ormai prolungata della donna rimette tutto in discussione. I giorni passano e lui, il professore, continua a riflettere sulle cause possibili nel tentativo di dare una spiegazione a quel vuoto subentrato nelle sue attività quotidiane. Un atteggiamento inspiegabile soprattutto considerando quello che, da qualche tempo, era avvenuto nelle abitudini della donna.
Un giorno, infatti, ora volendo saprebbe dire anche il giorno preciso, nella vita della donna di certo doveva essere avvenuto un cambiamento che le consentiva di dedicare molto più tempo alla sua colazione mattutina.
Ogni mattina, infatti, la bella sconosciuta consumava la sua colazione non più al banco bensì seduta e sfogliando un quotidiano. Il tavolino scelto, sempre lo stesso, uno di quelli più interni al locale, l’obbligava a passargli davanti.
Avrebbe voluto sapere come mai di quel radicale cambiamento. Troppo giovane per pensare ad un sopraggiunto pensionamento. Forse un nuovo impegno che le lasciava maggior tempo a disposizione o, semplicemente, una diversa organizzazione lavorativa.
Aveva anche creduto, non si vergogna a ripensarlo, di essere lui in qualche modo uno dei motivi del diverso programma della donna.
Nel passare, infatti, lei gli rivolgeva un sorriso, discreto certo, ma convinto; il segnale di un tacito incoraggiamento? Aveva immaginato quasi un colloquio fatto di piccoli segni; ed ogni giorno il professore arrivava pensando a quel tacito incontro ed al modo in cui, con discrezione, avrebbe potuto rivolgerle la parola.
Questa abitudine, questo piacevole incontro fatto di sguardi e di sorrisi, quasi un rito che aveva dato un senso alle sue mattine era, tutto a un tratto, finita, terminata.
Un giorno, infatti, la sconosciuta non era arrivata al loro tacito appuntamento; certo un contrattempo, aveva pensato. Un’assenza che si era ripetuta nei giorni successivi e che ora era diventata motivo di apprensione. 
Ogni mattina lui attende ponendosi sempre le stesse domande: forse è partita, ha cambiato lavoro, e se fosse malata? Rifiuta subito l’idea, che pure ha avuto, di andare presso l’Istituto a chiedere notizie; ma cosa potrebbe chiedere, non conosce nulla di quella donna. Occorre aspettare.
Ora, nelle lunghe ore di attesa, ripensa a tutto quanto ha immaginato sulla vita della donna. Quei momenti di inconsapevole vicinanza con lei, quei giorni di attesa, se ne rende conto, erano diventati un motivo, uno scopo, direi quasi una una piacevole attività delle sue lunghe giornate.
Quanto tempo ancora potrà contare le ore e poi i giorni sperando che qualcosa di nuovo avvenga? L’evidenza di una situazione definitiva è la realtà. È chiaro che lui, se mai c’è stato, è uscito dalla vita della donna.
Da troppi giorni, ormai, stare lì seduto ad aspettare, è diventato un tempo vuoto, insopportabile; occorre cambiare il suo programma quotidiano; venire nel bar non ha più senso.
Che cosa potrà fare, ora? Che attese avranno i suoi giorni? Ripensare ad un programma credibile è un esercizio difficile che richiede, innanzitutto, la volontà di rimettersi in gioco.
La tentazione di lasciarsi andare, lo sa, è in agguato. Rientrare in una routine quotidiana senza risorse ma solo aspettando il tempo che passa è il modo più inutile di vivere. Occorre ritrovare un’idea se non proprio un
progetto.
Possibile che la noia debba essere l’unica attività della vecchiaia? L’immagine di anziani che, soli, camminano senza una meta sicura è un pensiero che non vuole accettare.
Riapre il computer. Legge che cosa ha scritto ma dopo qualche riga si ferma; è inutile, tutto è noia che si insinua nei pensieri e lo invita a smettere. Forse chissà domani qualche idea gli verrà; occorre attendere con pazienzai. E non è facile.
Si accorge che, da qualche tempo, attendere è diventato il verbo più usato nella sua attività quotidiana. In realtà si potrebbe dire che la vita è un continuo attendere: che le speranze si avverino, che l’amore sognato arrivi, che il progetto studiato vada a buon fine, tutto è attendere.
E ora? La fragilità psicologica, prima che fisica, è qualcosa che, ad un certo punto della propria vita, occorre affrontare. Prepararsi; ecco il vero, unico, possibile programma: prepararsi ad andare via con dignità e senza intralciare la vita degli altri.  
Il vento leggero della sera entra, piano, dal balcone mentre le prime stelle brillano in cielo. Qualcuna cadrà? Oggi, infatti, è San Lorenzo; occorre, ancora una volta, attendere fiduciosi. Intanto riprende l’interrotta lettura del bel libro “Lezioni” di Ian Mac Ewan.
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L’AUTORE
Ordinario di storia dell’architettura all’università Federico II di Napoli, Francesco Divenuto è autore, tra l’altro, di  numerosi saggi su riviste specializzate e di  due romanzi “Il capitello dell’imperatore. Capri: storie di luoghi, di persone e di cose” e “Vento di desideri “(edizioni scientifiche italiane). Tra gli ultimi libri realizzati, quelli a più voci dal titolo “Napoli: a bordo di una metro sulle tracce della città” coordinato con Guido D’Agostino e Antonio Piscitelli (edizioni scientifiche italiane 2019), La casa nel Parco. Un giorno tra il Museo e il Real Bosco di Capodimonte (AGE 2020) e Agorà, ombre e storia nelle piazze di Napoli (La Valle del Tempo, 2021) curati con Clorinda Irace e Mario Rovinello..
Tra i racconti, pubblicati sul nostro portale, “Variazioni Goldberg”, “Il bar di zio Peppe”, “Carmen e il professore”, “Il flacone verde (o Pietà per George)”, “Lido d’Amore”, “Frinire”, “Primo novembre”, “Due di noi”, “Il trio”, “Quattro camere e servizi”, “Mai di domenica”, “Cirù e Ritù”, “Una notte in corsia”, “Gennaro cerca lavoro (il peccato originale)”, “L’odio”, “Il vaso cinese”, e “Il nuovo parroco”, “L’eredità”, “Una caduta rovinosa”, “Cronaca nera”, “La cartellina rossa”. “L’ultima scelta”, “Un disco rotto”, “Sogno di un giorno di mezzo agosto”, “Il mare verde”, “L’arrosto di Ariosto”, “Madre”. Questo racconto s’intitola “Una battuta di meno e una sposa di troppo”, “Agenda di famiglia”, “Amaro commiato”.
Foto da Pixabay

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