Entro nel bar; lo stesso di ogni mattina; ed è sempre lo stesso rito che ripeto rispettando l’organizzazione della mia vita di pensionato. È un rito al quale mi sottopongo con un piacere misto ad un senso di vitalità che, fortunatamente, ancora accompagna i miei giorni. Una piacevole abitudine alla quale non voglio rinunciare.
Il caffè, servito dai simpatici ragazzi che porgono la tazzina con un commento, è un teatrino al quale partecipo con piacere. L’argomento, naturalmente, non è sempre lo stesso; forse conoscono la mia estrema ignoranza di ogni argomento sportivo, calcistico in particolare, per cui semmai preferiscono lo sfottò al cliente di turno; sempre un amico che si presta e risponde volentieri.
Stiamo bene, ogni possibile informazione su qualche acciacco è stata data, possiamo riprendere il ritmo del nostro tempo. I clienti per così dire di passaggio sono pochi; è più facile riconoscere gli avventori per fasce di orario.
Dopo una rapida e non eccessiva affluenza di frettolosi clienti che si fermano prima di recarsi al lavoro, inizia la chiassosa, allegra sosta delle mamme le quali, avendo lasciato i propri figli nella vicina scuola, con piacere si fermano per un caffè vissuto, chiaramente, come pretesto per una “chiacchiera” con le amiche.
I problemi della scuola, un progetto al quale intendono dare un fattivo contributo, un suggerimento per affrontare possibili contrasti con qualche insegnante, semmai il ricordo di una passata stagione della loro vita, compreso il divertente e mai cattivo pettegolezzo sull’amica assente, e, poi, le giovani mamme sono pronte a ritornare all’organizzazione familiare lasciando il posto ai pensionati i quali arrivano semmai dopo essere passati per la vicina edicola.   
Abitando in un quartiere della buona borghesia, come ci classifica ogni indagine sociologica e come veniamo descritti sui quotidiani, il mio rito giornaliero appartiene a molti pensionati. 
C’è l’amica che pur abitando lontano viene quasi ogni mattina per incontrare facce piacevoli, come lei dice, fermandosi più del tempo necessario per consumare il suo cornetto con cappuccino. A volte bisogna frenare il suo lungo elenco dei ricordi: il piacevole tempo degli anni lavorativi o di quando abitava nel quartiere, il suo rapporto con gli amici rimasti o con quelli, sempre di più, che ci hanno lasciati.
La giovane imprenditrice informa dei progressi della sua nuova attività mentre il cane, che incontriamo ogni mattina, aspetta, fiducioso, qualche resto del cornetto. Con il giovane collega, al quale chiedo un suggerimento professionale, ricordiamo gli anni della facoltà per me più lontani che per lui.
«Va tutto bene». È entrato l’avvocato; senza dubbio costituisce il prototipo del napoletano verace: persona di grande cultura, ironico, piacevole conversatore, eccentrico anche nel suo abbigliamento, è anche lui un personaggio fisso, amico dei proprietari con i quali si ferma volentieri per un probabile commento; l’argomento non manca. In realtà dispensa, soprattutto, simpatia e se, come a volte pure accade, nel bar è entrato un forestiero, (anche l’abitante di un altro quartiere è un forestiero)  ebbene questi andrà via avendo compreso che cosa significa l’antico e più autentico animo della nobile tradizione napoletana.
Da qualche anno, ormai, nel quartiere hanno preso casa giocatori e attori; questi ultimi, in particolare, costituiscono un elemento di attrazione; allora la richiesta di un selfie con il belloccio di turno, diventa un chiassoso momento fra i sorrisi e l’approvazione di molti ed il sottinteso mugugno di qualche anziano che non si riconosce in questo rito; altri tempi, il loro, quando le carriere si costruivano con duri anni di studi e sacrifici e non con qualche effimera comparsata televisiva.
Ecco, è tempo di andar via semmai dopo uno sguardo al foglietto, esposto alla cassa, con il menù giornaliero del vicino ristorante take-away; un suggerimento e una possibile soluzione per il pranzo è sempre possibile; ora occorre continuare il proprio giro. Nei vicini negozi di alimentari il piacevole “teatrino” giornaliero continua; cambia l’argomento ma la simpatica verve è la stessa e anche un probabile passaggio in farmacia, necessario per rifornire la dose giornaliera dei propri medicamenti, si risolve in una amichevole chiacchiera con il dottore che si informa dei nostri malanni.    
Con questo abitudinario giro mi sono assicurato la mia dose quotidiana di buon umore. Rientro semmai avendo pensato a come completare lo scritto che ho lasciato sul computer; chi può dire come nascono le idee.
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Foto da pixabay

L’AUTORE
Già professore ordinario di storia dell’architettura all’università Federico II di Napoli, Francesco Divenuto è autore, tra l’altro, di  numerosi saggi su riviste specializzate e di  due romanzi “Il capitello dell’imperatore. Capri: storie di luoghi, di persone e di cose” e “Vento di desideri “(edizioni scientifiche italiane). Tra gli ultimi libri realizzati, quelli a più voci dal titolo La casa nel Parco. Un giorno tra il Museo e il Real Bosco di Capodimonte (AGE 2020), Agorà, ombre e storia nelle piazze di Napoli (La Valle del Tempo, 2021) curati con Clorinda Irace e Mario Rovinello, e Un giorno lungo una vita. Storie di tanti e di noi stessi (La Valle del Tempo 2024) dove raccoglie anche alcuni racconti pubblicati sul nostro portale come quello intitolato “Madre”. 

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