La statua del Cristo della cattedrale armena di Leopoli è stata portata al sicuro in un bunker per proteggerla, come altreopere d’arte, da un eventuale attacco delle forze russe: la foto del reporter portoghese André Luís Alves (@andrealvesphoto) / Twitter è stata molto condivisa sui social. A questo scatto s’ispira il breve racconto di Francesco Divenuto, intitolato”Trasloco”.
– Ma cosa fate? Dove mi portate? Lasciatemi dove sono.
– Signore qui è pericoloso, bombardano; andiamo in un rifugio sicuro.
– Che cosa significa sicuro? Questo è il posto dove sono sempre stato, è la mia casa, che cosa può esserci di più sicuro?
– Ma non sentite le bombe che cadono tutto intorno? Case distrutte, ospedali, scuole, qui non c’è più pace, è la guerra; venite, dove andiamo starete meglio.
– Io devo stare dove la gente soffre, dove una mamma piange il figlio caduto, dove le lacrime si mescolano con il sangue innocente di tanti uccisi senza una ragione. Lasciatemi qui, in questa chiesa dove la gente potrà trovare almeno una parola di conforto. Lo so, voi dite che fuori è la guerra. A volte penso di essere morto invano ed è un dolore continuo, un dolore senza il mio pianto perché oggi sono le mamme a piangere tutto il dolore del mondo.
– Lo so, Signore, spesso abbiamo peccato di superbia, abbiamo preferito non guardare tanti fratelli che soffrono ma se anche Voi ci abbandonate che cosa possiamo fare.
– Come potrei abbandonarvi; ma voi mi avete lasciato solo; quante volte ha cercato di capire che cosa stava succedendo; ma mi sono dovuto arrendere. Non capisco perché non potete vivere in pace e preferite distruggere le vostre case, il vostro paese, lasciando figli orfani e vedove senza un domani.Eppure il sole sorge ogni giorno e ogni giorno la natura che vi sta intorno dà i suoi frutti; ma voi avete avvelenato le terre, le acque, l’aria stessa che respirate. Avete preferito guadagni immediati senza pensare ai danni che stavate provocando. E domani cosa darete da mangiare ai vostri figli?
Intanto si sentono colpi di mortai; le pareti tremano, gli intonaci si sbriciolano.
– Affrettiamoci, forza, sentite? Qui tra poco sarà l”inferno.
– Perché, non vedete che l’inferno è già qui, nei vostri cuori? Come potete sperare di salvarvi? Dove pensate di trovare salvezza? Se non tacciono le armi come potrete guardare negli occhi i vostri figli, i vostri fratelli.
– Ma Signore quelli ci hanno attaccati, cosa possiamo fare?
– Anche loro hanno una madre, una sposa, dei figli; rimettetemi sulla croce; quello è il mio posto, il mio martirio ancora non è finito. Non posso andar via. Chi ci sarà domani quando, piangendo, conterete i morti, quando qualcuno crederà di aver vinto e chi, invece, penserà di aver perso, starà già meditando su una possibile vendetta? Caino non è ancora sazio? Vuole altro sangue? Non finirà mai questa lotta, fratelli contro fratelli? Perché pensate che il torto sia solo degli altri?
– Signore ma noi, molte volte, non sappiamo che cosa fare, non sappiamo a chi chiedere.
– Per giorni e giorni resto solo in questo luogo e attendo fiducioso che qualcuno venga; la sua presenza allevierebbe la mia solitudine. Ma attendo invano. Per molti, ormai, sono soltanto un monumento, l’opera di un artista, la decorazione di uno spazio. L’ aspetto del mio corpo martoriato non è più un monito. L’arroganza, il sopruso è l’unica legge che ascoltate. Quando una folla di disperati ha bussato alle vostre porte che cosa avete fatto? Ed ora che cosa e per chi piangete?
– Signore, è vero; abbiamo peccato ma ora questa è la nostra terra come possiamo permettere che piedi stranieri la calpestino?
– La terra, è vero, è la vostra ma quando sarà diventata arida, quando non darà più frutti, quando sarà solo polvere e disperazione, quando anche il sangue dei caduti si sarà seccato e le zolle, per quanto irrigate, non daranno più frutti, allora che senso avrà reclamare la vostra terra? Quando negli occhi dei fratelli vedrete solo odio e disperazione, quando l’eco delle vostre grida si perderà nel deserto allora sarà finito anche il tempo dei rimorsi.
– Signore tu sai che non sempre è nelle nostre intenzioni peccare; a volte la disperazione è tanta e la propria a salvezza diventa una scelta obbligata.
Risuonano, più vicini, nuovi colpi di mortaio. Gli operai si affrettano.
– Signore questi si avvicinano, bisogna affrettarsi.
– Vi prego, ecco, lasciatemi qui, disteso per terra. Andate pure, mettetevi al riparo. Io non ho bisogno di protezione.
– Ma Signore, questi non rispettano niente, anche la chiesa può crollare da un momento all’altro. Non potete restare qui.
– Non sono che un povero Cristo, ma se anche io abbandono questo luogo che cosa sarà di voi? Niente è più triste di una chiesa vuota. E se queste mura crolleranno domani mi ritroverete sotto le macerie. Ora andate.
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L’AUTORE
Ordinario di storia dell’architettura all’università Federico II di Napoli, Francesco Divenuto è autore, tra l’altro, di numerosi saggi su riviste specializzate e di due romanzi “Il capitello dell’imperatore. Capri: storie di luoghi, di persone e di cose” e “Vento di desideri “(edizioni scientifiche italiane). Tra gli ultimi libri realizzati, quello a più voci dal titolo “Napoli: a bordo di una metro sulle tracce della città” coordinato con Guido D’Agostino e Antonio Piscitelli (edizioni scientifiche italiane 2019), La casa nel Parco. Un giorno tra il Museo e il Real Bosco di Capodimonte (AGE 2020).
Tra i racconti, pubblicati sul nostro portale, “Variazioni Goldberg”, “Il bar di zio Peppe”, “Carmen e il professore”, “Il flacone verde (o Pietà per George)”, “Lido d’Amore”, “Frinire”, “Primo novembre”, “Due di noi”, “Il trio”, “Quattro camere e servizi”, “Mai di domenica”, “Cirù e Ritù”, “Una notte in corsia”, “Gennaro cerca lavoro (il peccato originale)”, “L’odio”, “Il vaso cinese”, e “Il nuovo parroco”, “L’eredità”, “Una caduta rovinosa”, “Cronaca nera”, “La cartellina rossa”. “L’ultima scelta”, “Un disco rotto”, “La mia linea retta”.