Dunque ormai la notizia è sicura: Schmidt si dimette, con buona pace dei tanti napoletani e dei collaboratori del Museo di Capodimonte. La notizia, riportata dai maggiori quotidiani, non lascia dubbi; in una delle sue ultime interviste, rilasciate al quotidiano Repubblica, Schmidt chiarisce il suo pensiero: se vince ritorna a Firenze per ricoprire la carica di sindaco, se perde rimane a Napoli in qualità di direttore del Museo di Capodimonte ruolo che già ricopre da qualche mese.
Come dimostrano le tante proteste l’argomento è molto sentito e tocca un nervo scoperto fra i politici e gli operatori culturali per la verità non soltanto a Napoli (pare che a Firenze le critiche siano altrettanto feroci).
Tutti i commenti, infatti, hanno parole poco lusinghiere per l’atteggiamento di Eike Schmidt. La decisione di aspettare quale ruolo ricoprire, da parte del direttore del Museo di Capodimonte, qualche perplessità la provoca. La disinvoltura, la superficialità o forse l’arroganza? con la quale dichiara di poter passare da un incarico all’altro lascia sconcertati.
Sia chiaro: nella condotta del direttore non c’è nulla di irregolare; tutto giusto, tutto come previsto da precise norme giuridiche; niente impedisce al dottor Schmidt di cambiare casacca. Il criterio delle “porte girevoli”, ormai, non risparmia nessuno ambito.
I due incarichi: direttore del Museo napoletano o sindaco di Firenze, sono entrambi prestigiosi certo ma non c’è dubbio che richiedono capacità e competenze molto diverse fra loro. Molti studiosi attendono anni prima di accedere a ruoli complessi e difficili, come la direzione di un Polo Museale, così anche molti politici svolgono anni di pratica politica, soprattutto sul territorio, prima di aspirare a ricoprire ruoli di notevole responsabilità come il sindaco di una grande città.
Dunque, dobbiamo arrenderci? Siamo in un’epoca in cui tutti possono fare tutto? Le competenze sono soltanto un accessorio, a volte addirittura fastidioso, rispetto alla militanza in un partito o alla simpatia di un Ministro?
Purtroppo, anche a Napoli, da qualche tempo, assistiamo a un degrado culturale e istituzionale al quale sembra che non ci sia mai fine. Il caso del San Carlo ancora brucia sulla pelle dei cittadini; possibile che, ora, dobbiamo subire questo ulteriore dispregio? Sono costernato; ma non stanco di protestare.
Poi, prima di battere il tasto di invio di queste mie considerazioni, mi ritorna in mente un altro articolo di qualche tempo fa, dedicato allo stesso argomento e sempre del quotidiano Repubblica. Lo cerco e nel rileggerlo sorrido anche se è un’amara constatazione.
Ecco di che cosa si tratta: nel numero del 16 gennaio di quest’anno un articolo del quotidiano Repubblica, a tutta pagina, è titolato: Musei, Schmidt arriva e fuga i dubbi “Sono il direttore di Capodimonte”. (titolo riferito anche nel virgolettato). Ma il diavolo ci mette la coda e l’occhiello del sottotitolo così recita: ” L’ex responsabile degli Uffizi porta 40 scatoloni  nel suo nuovo ufficio. Sembra sfumare l’ipotesi di candidarsi a sindaco di Firenze. “Sono molto contento di esser qui, vendendo Napoli mi si è allargato il cuore “.(Ancora un virgolettato).

No, direttore Schmidt, Napoli non è sua e, soprattutto, non è in vendita; certo Lei non ha colpa, è solo un refuso del tipografo ma vede a volte le cose non dette hanno un potere che non riusciamo a spiegare così come io non saprei dire per quale incomprensibile motivo avevo conservato questa pagina del quotidiano.   
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Nella foto, Eike Schmidt, nel giorno in cui ha preso servizio a Capodimonte (fonte, ufficio stampa del Museo). Di lato, l’occhiello con il refuso

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