WeSpace è una galleria d’arte, a Napoli, un luogo magico non visibile da strada perché si trova sotto un negozio di scarpe della zona Emporio di Parma in Via Vasto a Chiaja. Si accede da lì, una scala a chiocciola e si viene catapultati in un mondo diverso, fatto di quadri, silenzio, accoglienza e poi lo spazio per gli scrittori in fondo la galleria e gli artisti che hanno la possibilità di esporre e presentare le loro opere.
Tutto è curato nel minimo dettaglio e nella pace che solo l’arte riesce a trasmettere.
Promotore e ideatore Willy Sant’Angelo che cura iniziative e attività con Vincenzo Villarosa.
I due accolgono “Un tiro mancino” il nuovo libro della scrittrice Monica Florio pubblicato dalla casa editrice L’Erudita (pagg.120, 15 euro), un’opera dedicata al mondo giovanile e non è un caso che la presentazione si sia tenuta proprio da WeSpace, quasi come un invito ai giovani di oggi a avvicinarsi a luoghi culturali e drogarsi di buone pratiche e arte.
Monica Florio nel suo libro agisce come una pittrice intenta a dipingere le sfumature e i dettagli dei posti difficili dell’anima degli adolescenti. Luoghi spesso fatti di buio pesto, conformismo, omofobia, razzismo e che nell’epoca 4.0 danno vita al narcisismo digitale che svuota le menti e rende questi giovani spenti e tristi.
L’autrice affronta la tematica con realismo, immedesimandosi in ogni suo personaggio, brava a gestire gli intrecci tra i protagonisti, tra famiglia, scuola, società.
Alla presentazione sono intervenuti Rita Felerico e Vincenzo Villa Rossa.
«Tutto si evolve, nulla resta identico. Si va avanti, non indietro»: nel libro descrive i tormenti interiori e i problemi legati all’età. Il rapporto tra il mondo degli adulti e il mondo adolescenziale, la difficile adolescenza di oggi. Un periodo decisivo della nostra esistenza che sancisce la nostra personalità e che oggi invece è seriamente in pericolo a causa di fattori come l’insicurezza, la paura, la solitudine e il pregiudizio del sociale.
Cose che sfociano a volte anche in forme di violenza, ira, rabbia e odio.
Monica affronta le difficili realtà dell’adolescenza con dolcezza, sa leggere il mondo dei ragazzi. «Il libro è un’anima viva delle cose» sottolinea la poetessa Rita Felerico nel corso della presentazione, Monica riesce a dare anima al suo libro, le parole e la loro capacità di fantasticare e inventare mondi utopici. Vede il libro come uno strumento di vita e ci presenta storie reali e crude a volte scomode ma che rappresentano il quotidiano che viviamo.
Ogni suo libro è una riflessione sulla nostra esistenza e suoi rapporti quotidiani tra le persone e le loro storie.
Protagonisti, tre ragazzi e la loro amicizia, messa a dura prova da incomprensioni, bugie e rivalità negativa. Milena e Veronica due ragazze totalmente diverse. Una romantica e sognatrice e l’altra cinica e ambiziosa. Tra le due Marco, un loro amico che le conquista con il suo fascino e la sua intelligenza.
Monica riesce a mostrarci la realtà difficile dei giovani. Diversi i temi affrontati che mettono in luce la vita diversa degli adolescenti: il loro rapporto con il digitale ad esempio, scavato in tutti i suoi aspetti positivi e negativi: negativo perché il web favorisce l’ “assenza dei legami”: oggi con il digitale svanisce la parola, il contatto umano, internet allontana le persone, ci leghiamo a lettere digitali su tastiera e schermo, si facilita la violenza, il pensiero assume una forma diversa e veloce, perde la sua essenza, si sviluppa con troppa immediatezza e si scontra con uno schermo che blocca la capacità di elaborazione e comunicazione umana e reale.
Positivo perché oggi i giovani hanno la possibilità di utilizzare strumenti tecnologici innovativi che possono sicuramente contribuire al loro bagaglio culturale: l’utilizzo sano del web che favorisce nuove reti culturali, sociali e creative, abbatte le barriere del mondo, favorisce la conoscenza di lingue e culture diverse.
Quanto è importante, quindi, insegnare a un adolescente i meccanismi e l’utilizzo del web? E’ possibile creare una cultura del digitale negli adulti e trasmetterla poi ai loro figli? ai ragazzi?.
“Un tiro mancino” è un libro che va letto nelle scuole, nei centri di lettura, in gruppo. Un volume come “cura”, strumento di conoscenza che può diventare uno spazio, un ritorno alla comunità contro l’omologazione e la globalizzazione.
La scrittura del libro è dettagliata, esprime in ogni sua parola un’educazione e un ritorno ai valori, ai sentimenti al dialogo di una volta, un invito per i genitori a parlare e ascoltare, un invito per i giovani a credere in se stessi e non omologarsi e non cedere al pregiudizio. Tra i dialoghi, emerge anche la necessità di voler comunicare, ma la comunicazione dei giovani ha bisogno di una pagina, un orecchio, un abbraccio, un sano confronto e strade e punti di riferimento che oggi vengono a mancare.
Nel testo tematiche come “guerra” e “paura” si rincorrono: guerra tra amici, guerra di rancore ma anche la paura di restare da soli, spesso trasmessa da genitore a figlio.
Altra tematica l’omofobia: l’omosessualità in fase adolescenziale, scoprirsi diversi e non accettati dalla società, l’omosessualità vista come una malattia, un virus, da una società malsana che ci toglie i sogni, semina insicurezza e perdita di àncore solide.
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In foto, copie del libro e un momento della presentazione da Wespace