San Giovanni a Teduccio/ Ristrutturato quando arrivò Carlo III, il Forte di Vigliena è un simbolo della storia (difensiva) che cade a pezzi

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Il Forte di Vigliena è una delle fortificazioni storiche di Napoli che furono erette per difendere la città e il suo porto. Costruito a San Giovanni a Teduccio, il suo nome deriva dal nobiluomo spagnolo Juan Manuel Fernández Pacheco con il titolo di marchese di Villena, che fu viceré del regno durante i primi anni del ‘700. Fu progettato nell’ambito di un piano più ampio di fortificazione della città, che includeva la costruzione di varie altre opere difensive per affrontare le minacce militari in particolare quelle provenienti da mare; all’epoca infatti la sua posizione era prospiciente la spiaggia.

Per gentile concessione della pagina “Grandi città” *
Nella foto di copertina, la torre del forte in una foto di Ferdinando Scala del 10 agosto 20111, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Torre_del_forte_di_Vigliena.jpg

Il Forte era alto 6 metri ed aveva una struttura pentagonale in tufo e pietra vesuviana, con un fossato, un cortile interno per accogliere l’armamentario e i rifornimenti, bastioni intorno con cannoni e tunnel sotterranei.
Con l’arrivo di re Carlo di Borbone nel 1734, il Forte fu ristrutturato e utilizzato per l’addestramento militare per poi diventare, sotto re Ferdinando IV, parte di una zona “industriale” che ancora oggi sussiste.
Fu parzialmente distrutto durante il conflitto tra i sostenitori della Repubblica Partenopea e le forze sanfediste del cardinale Ruffo, avvenuto il 13 giugno 1799. I repubblicani ormai accerchiati nella struttura, decisero di farsi esplodere con tutto l’arsenale pur di provare a fermare i sanfedisti e non arrendersi a loro.
Seguì un lungo periodo di abbandono finché, nel 1891, su iniziativa dei parlamentari Imbriani e Villari, fu fatto un primo tentativo per dichiararlo Monumento Nazionale ma fu poi sancito “monumento storico di sommo interesse” solo con decreto regio nel 1910.
E intanto nel 1906, una parte fu demolita e diventò panificio militare. A oggi, nonostante alcuni lavori di restauro conservativo realizzati in occasione del Bicentenario della Repubblica del 1799, il fortino si trova in pessime condizioni e non è fruibile al pubblico. Intorno a esso si stringono gli stabilimenti industriali e la centrale elettrica, cose di interesse prioritario per il Comune e l’autorità portuale.
Eppure è un simbolo della storia difensiva, militare e strategica di Napoli. Un’ importantissima testimonianza di resistenza e di libertà.
Ogni anno a giugno vengono commemorati gli eroi morti con quell’ultimo gesto di speranza e proprio nel 2021 anche l’attuale Sindaco Manfredi, allora candidato, vi partecipò insieme con le varie Associazioni e Comitati che da anni si prodigano perchè il monumento non venga dimenticato e stia lontano dalle speculazioni circostanti. Sue le parole a proposito dell’idea di una “passeggiata a mare” che parta da Napoli ma che si decentri da Napoli stessa e abbracci luoghi di interesse come questo a San Giovanni.
Si pensa in grande (?!), ossia di inglobarlo in un progetto di là da venire di mero interesse economico anziché iniziare a improntare un recupero locale.
Innanzitutto si salverebbe dai numerosi roghi
che subisce da parte di piromani e poi si tratta di “archeologia militare”, il che prevederebbe un recupero del sito e la sua conservazione, cosa che potrebbe estendersi alla revisione urbanistica dei dintorni, con relativa bonifica e messa in sicurezza.
Inutile dire che ciò porterebbe un buon livello di attenzione sui relativi problemi ambientali, purtroppo gravi, del litorale orientale di Napoli e sul disagio di chi ci vive, tutti fatti che vengono trattati con estrema superficialità (tipo le balneabilità “a sorpresa” in un mare di sversamenti).
Troppa superficialità. Chiaramente parliamo di una gestione comunale che ha dimostrato ampiamente di non avere alcun interesse a investire in recuperi storico-artistici per il bene della comunità (anzi di fatto si sta letteralmente svendendo il patrimonio) ma piuttosto a monetizzare la “rinascita” con sorta di lungomare-porto-centro commerciale in cui di certo il Forte non trova collocazione. Forse si spera che il degrado e l’inciviltà facciano il loro corso e segnino il destino di questo simbolo, così da avere una scusa per la demolizione.
Il punto è che ci vogliono i fatti e i fatti ci sono ma stanno dalla parte sbagliata. Il sindaco è un fantasma per la cittadinanza (ma intanto i lavori portuali vanno avanti) la quale non viene mai interpellata, le persone vengono lasciate solo nelle battaglie quotidiane. Il Forte di Vigliena potrà sembrare solo uno dei tanti casi di incuria amministrativa ma in realtà è una delle tante punte di quegli iceberg che nascondono problemi più profondi.
 ©Riproduzione riservata

(*) Ringraziamo “Grandi città” che si è prodigata per la grafica del Forte (nell’immagine che pubblichiamo). Dietro al loro progetto ci sono appassionati che ricostruiscono luoghi perduti o danneggiati riportandoli in vita con uno scrupoloso lavoro di ricerca e ricomposizione, unica realtà in Campania a farlo https://www.facebook.com/grandicitta

San Giovanni a Teduccio/ The Fort of Vigliena, rebuilt when Charles III arrived, symbolises how (defensive) history can fall apart

The Fort of Vigliena is one of the historic fortifications of Naples, built to defend the city and its port. Constructed in San Giovanni a Teduccio, it owes its name to the Spanish nobleman Juan Manuel Fernández Pacheco, with the title of Marquis of Villena, who was viceroy of the kingdom at the beginning of the 18th century. It was designed as part of a wider plan to fortify the city, which included the construction of various other defensive works to deal with military threats, particularly from the sea; in fact, at the time it was located overlooking the beach.
The fort was 6 metres high and had a pentagonal structure made of tuff and Vesuvian stone, with a moat, an inner courtyard for storing weapons and supplies, surrounding walls with cannons and underground tunnels.
With the arrival of King Charles of Bourbon in 1734, the castle was renovated and used for military training, and then, under King Ferdinand IV, it became part of an ‘industrial zone’ that still exists today.
It was partially destroyed during the conflict between the supporters of the Parthenopean Republic and Cardinal Ruffo’s Sanfedist forces on 13 June 1799. The republicans, who were surrounded by the structure, decided to blow themselves up with their entire arsenal in order to stop the Sanfedists rather than surrender to them.
A long period of neglect followed, until in 1891, under the initiative of the parliamentarians Imbriani and Villari, a first attempt was made to declare it a national monument, but it was not until 1910 that it was declared a “historical monument of the highest interest” by royal decree.
Meanwhile, in 1906, part of the building was demolished and turned into a military bakery. Today, despite some conservative restoration work carried out for the bicentenary of the Republic in 1799, the fort is in a poor state of conservation and is not open to the public. It is surrounded by the industrial complex and the power station, which are of priority interest to the town council and the port authority.
Nevertheless, it is a symbol of the defensive, military and strategic history of Naples. An important testimony of resistance and freedom.
Every year in June, the heroes who died with this last gesture of hope are commemorated, and in 2021 the current mayor, Manfredi, who was a candidate at the time, also took part, together with the various associations and committees that have been working for years to ensure that the monument is not forgotten and that it does not become the subject of speculation. His words on the idea of a “seafront promenade”, starting from Naples but decentralised from Naples itself, including places of interest such as this one in San Giovanni.
They are thinking on a large scale (?!), that is to say, of incorporating it into a future project of purely economic interest, rather than beginning to shape a local revival.
First of all, it would be saved from the numerous fires it suffers from arsonists, and secondly, it would be “military archaeology”, which would involve the recovery of the site and its conservation, which could extend to the urban revision of the surrounding area, with the associated reclamation and securing.
Needless to say,
this would draw a lot of attention to the related, unfortunately serious, environmental problems of the eastern coast of Naples and to the discomfort of those who live there, all of which are treated with extreme superficiality.

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