Antiche convinzioni parlano di Africa nera. Sbagliato… l’Africa è piena di colori. Come è visibile nelle 80 opere che saranno esposte al CAM di Casoria (in via Duca d’Aosta 63/A) da sabato 5 dicembre al 28 febbraio 2010 per la mostra “AfriCAM”.
“Vogliamo mostrare agli africani la loro arte e far capire a tutti come un continente identificato, solitamente, con avvenimenti spiacevoli, sia capace di produrre cultura” spiega Antonio Manfredi, curatore e direttore del museo, che ha girato l’Africa per un anno. Dalle grandi citt ai piccoli villaggi. Da uno studio d’artista all’altro. Un viaggio che gli ha mostrato come “gli africani non conoscono il paese, forse per le difficolt di movimento”. Un’esperienza che ha maturato in lui la voglia di far incontrare le diverse culture in un luogo unico. Ma anche una mostra per favorire l’integrazione perch, spiega Manfredi, “molti di loro, arrivati in Campania hanno portato la loro cultura, per poi chiudersi nei propri gruppi di appartenenza”. quindi il momento di uno scambio artistico culturale “per andare avanti e risolvere insieme i problemi”. A tal proposito, Francesco Dandolo, della comunit di Sant’Egidio, spiega che “solo un discorso di scambio culturale può abbattere il muro del pregiudizio”. E svela il sogno della comunit : “Un’Eurafrica! Un’Europa capace di farsi carico dei problemi dell’Africa, risolvendoli, gioverebbe anche a se stessa”.
Fa eco Renata Molino della cooperativa “Laici Terzo Mondo”: “Iniziative come queste possono fare molto per riscattare l’immagine dell’Africa che solitamente ci viene propinata da media e luoghi comuni”.
Tra i protagonisti della mostra, il videomaker egiziano Mohamed Alaa che presenta il suo video (14 minuti) “The box”, in cui l’artista interagisce con la scatola. “La scatola è tutto” spiega Alaa “Ci entro, ci esco. All’interno mi pongo degli interrogativi: cosa mi succeder ? Entrer qualcun altro? Resterò solo?”. La scatola diventa metafora di identit . “Ci si entra alla scoperta di s”.
Il pittore ghanese Narku Thompson Nii racconta con i suoi quadri il posto da cui proviene, mentre il dipinto “Blood rains” di Mutaz Elemam guarda al presente “ho rappresentato la guerra, un dramma che ancora colpisce la mia terra” e lancia un monito per il futuro: “bisogna stare attenti, perch la pioggia di sangue potrebbe investire anche l’Europa, un giorno”.
Nella foto in alto, “Blood rains” di Mutaz Elemam. In basso, da sinistra, un dipinto di Narku Thompson Nii e alcuni fotogrammi da “The box”