Nella sala d’attesa del commissariato di Scampia il sole entra dai vetri grigi di polvere di una piramide di vetro capovolta.

L’ ispettore capo della squadra investigativa, Lorenzo Stabile, mi raggiunge poco più tardi delle nove. E’ alto, sportivo, sicuro di s. Lo seguo nel suo studio e mentre mi accomodo, di sorpresa mi raggiunge una sua domanda

“Allora, cosa ne pensi del libro?” Resto spiazzata da questo repentino capovolgimento dei ruoli, che mi inchioda a freddo nei panni dell’intervistato. “Ho letto Dentro le vele. Diario di uno sbirro, praticamente poche ore fa. E’ difficile occuparsi di camorra, spaccio, Scampia senza cedere alla seduzione del “gi  detto”, ma credo che tu ci sia riuscito. Le pagine comunicano il fermento di una realt  vera, convulsa, lacerata dalle tensioni, da elementi che spingono in direzioni opposte. Rabbia, sacrificio, violenza, lavoro, guadagno facile, normalit , straordinario, orrore, compassione, amore ed odio convivono al punto da restituire il ritratto di una terra dominata dal paradosso. Le vele non solcano il mare. Simbolo di morte, partoriscono figli che nutrono quotidianamente con il veleno della droga. Eppure dalle tue parole di “sbirro” emerge un senso d’umanit  talmente potente da essere universale. Nelle speranze dei bambini di Scampia, nel lutto dei padri e delle madri per un figlio morto per overdose, nella richiesta incessante di protezione e di legalit  c’è la voce di ogni uomo. Piuttosto, perch hai deciso di impugnare la penna?” Chiedo, ripristinando l’ordine naturale dell’incontro.

“Il libro è una specie di parto di gruppo. Tutti i ragazzi della mia squadra hanno contribuito alla sua realizzazione, non solo perch i capitoli raccontano le esperienze di ognuno di noi, ma perch Dentro le vele, rappresenta la realizzazione di un desiderio comune: scrivere la nostra verit  su Scampia, riportando alla luce ciò che i media trascurano per ottusit  e per opportunismo. Quanto può fare notizia l’abnegazione di un professore o l’operato di un poliziotto?”

“Intuisco che per te il lavoro svolto gomito a gomito con i tuoi colleghi rappresenta un aspetto fondamentale.”

“Non c’è dubbio. Il nostro è un gruppo vincente, affiatato, professionale. Ognuno di noi conosce i propri limiti e sa di poter contare sulle capacit , l’intuito e la disponibilit  dell’altro. Coordino la squadra con Gigi, ispettore capo da più tempo di me. Ciò non vuol dire che la gerarchia sia mai entrata a mettere naso nel nostro rapporto, basato su un profondo rispetto reciproco.

Ci capiamo al volo, nell’attimo di uno sguardo. Enzo The Red, Vincenzo detto Vincaf, Lino o Riccio, Angelo detto Big Jim, Enzo detto Shrek, Alfò chiamato affettuosamente lo Zingaro, Ciccio o Topo il dottor Michele Spina, attuale dirigente del commissariato, sono i miei compagni. Se mancasse uno di loro la squadra non sarebbe completa.”

Mi ritengo più che fortunata. Per la prima volta guardo Scampia da una prospettiva diversa. Gli occhi di Lorenzo, sono occhi nuovi, non relegano il mondo delle vele nello spazio buio ed asfittico di chi le spia morbosamente e le dipinge solo come la più grande piazza di spaccio del mondo, dimenticando tutto il resto, lasciando lungo la strada, come carico disperso, le bellezze di Scampia. “Sai che la Villa comunale di Scampia è un immenso polmone verde nel cemento? L’ho vista dall’alto, in un viaggio in elicottero e ne sono rimasto incantato. Vorrei che il mio libro spazzasse via, il più lontano possibile, i luoghi comuni. I poliziotti, per esempio, lavorano e non aggrediscono mai chi arrestano. Il nostro commissariato accoglie anche il peggiore dei delinquenti con gentilezza, tentando sempre di preservarne la dignit . I bambini sono bambini anche qui. Pochissimi corrispondono alla descrizione di “killer precoce” che popola l’immaginario collettivo. Tanti conservano un’ingenua sensibilit  che può difenderli da un futuro fatto di violenza altrimenti ineluttabile.”

I bambini e la folla dominano le pagine del diario. Protagonisti di una vita ai margini, subiscono le tragedie che si scatenano dagli orrori dello spaccio, dagli omicidi, da un mondo di braccia livide con una siringa piantata nell’ultima vena utile. Chiedo all’ispettore chi o cosa possa aiutare i giovani a salvarsi da un destino di morte che sembra voler inghiottire tutto e tutti.

“Sono convinto che la scuola abbia un ruolo fondamentale. Gli insegnanti spalancano davanti allo sguardo incredulo dei ragazzi l’idea che per loro esiste un’alternativa al vuoto, alle prospettive sguinzagliate come cani rabbiosi dalla camorra. Comunicano una vita fatta di normalit  e libert  in cui i poliziotti non sono uomini in divisa di cui aver paura, ma tutori della legalit .”

“Nel libro manca un particolare. Qual è il tuo soprannome?”

Lorenzo finge di pensarci e risponde: ” Mi chiamano o luongo.”

Sorrido e gli prometto un’ultima domanda, poi lo lascerò al suo lavoro.

“Quando a Falcone chiesero -ma chi glielo fa fare?- il giudice rispose spirito di servizio.- E a te chi te lo fa fare?
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“Lo faccio semplicemente perch questo è il mio lavoro. La professionalit  è tutto ciò che posso spendere nell’esercizio del mio dovere. Scampia mi ha insegnato ad essere attento ad ogni più piccolo dettaglio, a non trascurare nulla. Io non mi distraggo mai, controllo qualsiasi cosa, persino il mio istinto. In altro modo non garantirei un buon servizio e metterei a rischio la mia vita e quella degli altri. Lo faccio perch sono un poliziotto.”

Salutando l’ispettore mi accorgo di avere davanti una persona normale e non un eroe. La giustizia, in fondo, ha bisogno delle persone normali.

Il seme della speranza nelle Vele

“Dentro le vele. Diario di uno sbirro”, opera prima dell’ispettore aapo Lorenzo Stabile, trascina il lettore in un viaggio nell’universo capovolto di Scampia, in cui le vele non conducono a un qualsiasi attracco in un qualsiasi porto del mondo, ma si stagliano immobili lungo una linea di confine, inghiottendo tutto e tutti. Il racconto del giovane poliziotto non ha nulla di epico straordinario, ma insiste sul terribile scacco matto che Scampia gioca a se stessa, l’aberrazione vissuta nel quotidiano come normalit . La droga come viatico di morte e ricca, degenerata sopravvivenza è il mostruoso palcoscenico su cui si muovono le esistenze vuote di derelitti colti durante le processioni per l’acquisto di una dose, su cui corrono gli inseguimenti che ispirano rocambolesche scene di film ( e non viceversa ), su cui giocano i bambini innocentemente in bilico tra disperazione e speranza.

Il lavoro di Lorenzo Stabile e della sua squadra interviene all’interno di questa bolla anomala nella quale l’esistenza, costantemente rivolta all’irreparabile ed all’irrazionale di padri che seppelliscono figli, sembra separata dal resto della citt .

L’operato del commissariato di Scampia, consolidato grazie al contributo di una scuola che da edificio di cemento nel nulla si trasforma in professori appassionati, dediti, esemplari nell’esercizio del loro dovere di educatori e di famiglie sane ed attive, che credono ancora nelle istituzioni e chiedono di non essere abbandonate, scopre la possibilit  di salvezza anche per Scampia.

La squadra investigativa mette la propria vita al servizio di una comunit , mantenendo davanti a s sempre nitido quell’approdo, quella promessa di riscatto, che le vele da quarant’anni non lasciano neanche intravedere.

Nel capitolo “A ciascuno il suo vaso” il seme della speranza emerge in tutta la sua carica creatrice.

Durante il Forum sulla legalit  organizzato dalla scuola Virgilio IV, l’intervento di una psicologa si trasforma in una straordinaria occasione di silenzio e riflessione per tutti. Attraverso la descrizione di una vaso restituisce ai ragazzi l’idea concreta di un’esistenza per la quale le possibilit  di scelta sono infinite e la libert  di riempirla con valori essenziali quali l’amicizia, la famiglia, il lavoro, il rispetto verso se stessi e verso gli altri non è pura chimera.

Stabile scrive: “Il discorso della donna è accompagnato da un silenzio assoluto. I ragazzi e le madri sono ammutoliti. A onor del vero anche noi relatori siamo colpiti da quelle parole regalate con passione e uno slancio tale da far immaginare a ognuno dei presenti le dimensioni e la forma del proprio vaso. C’è silenzio anche quando la donna finisce di parlare. Il Forum riscuote un successo inaspettato tanto che gi  si pensa di ripetere l’esperienza. E’ durato solo poche ore, ma si può anche ripartire da qui.”

Lorenzo Stabile


DENTRO LE VELE. DIARIO DI UNO SBIRRO

Prefazione di Tano Grasso

(Marotta & Cafiero, euro 10)

2 novembre 2009

Nella foto alto, la copertina del libro. In basso, l’autore (quarto a destra, nella fila, in piedi)

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