Un concerto di Maurizio Pollini è un evento di straordinaria importanza. Non è un semplice incontro con un grande artista, ma un appuntamento con la cultura, con una sapienza interpretative di tale spessore, che, al confronto, altri strumentisti ritenuti star appaiono pallide figure inconsistenti. Il dominio della tastiera, la “bravura” nell’eseguire un brano non sono il fine dell’arte pianistica, bens un semplice mezzo, indispensabile certamente, ma appunto un mezzo e niente più. Sentire Pollini significa confrontarsi, invece, con un colosso, che assomma in s le doti dell’esecutore impeccabile, da qualcuno ritenuto addirittura freddo, e la profondit dell’uomo di cultura, che scruta nella partitura, centellina ogni inciso, disegna melodie dosando timbri, agogica e colori, senza mai eccedere, senza sbavature, senza compiacimenti, senza eccessi.
Equilibrio, bellezza del suono, spessore concettuale e tanto altro concorrono a fare delle interpretazioni di Maurizio Pollini delle impareggiabili lezioni di arte e di cultura. Sentirlo al San Carlo, in un recital programmato dall’Associazione Scarlatti, è stato un privilegio perch il pianista milanese, apparso un po’ segnato dagli anni, ma solo nell’incedere, meno spigliato che un tempo, ha regalato al pubblico che affollava il teatro momenti di godimento estetico purissimo. Tra le dita del pianista scorrevano le note delle tre sonate per pianoforte op. 109, 110 e 111, tre capisaldi della letteratura pianistica, tre espressioni della forma sonata assolutamente gi fuori dai canoni della stagione illuministica, ma non ancora immerse nella stagione romantica. Le ultime tre sonate per pianoforte di Beethoven sono state composte dal Maestro negli ultimi anni della sua vita. Beethoven era allora cinquantenne, logorato e invecchiato, sordo non solo nell’udito, distaccato e solo. I dolori della vita, tuttavia, non traspaiono da queste pagine, dalle quali, invece, emergono una forza titanica, una gioia di vivere giovanile, una serenit olimpica.
La prima delle tre sonate è suddivisa in tre movimenti Vivace ma non troppo, Prestissimo (in Mi minore), Gesangvoll, mit innigster Empfindung. Andante molto cantabile ed espressivo. Il primo e il secondo appaiono di proporzioni ridotte. Il Vivace iniziale ha i sapori freschi dell’improvvisazione, mentre nel Prestissimo sprizza una carica demoniaca e viscerale. Il terzo tempo è un tema con sei variazioni Variazione I Molto espressivo; Variazione II Leggermente; Variazione III Allegro vivace; Variazione IV Etwas langsamer als das Thema [Un poco più lento del tema]; Variazione V Allegro ma non troppo; Variazione VI.. All’ultima variazione segue immediatamente il ritorno del tema iniziale originario, con il quale si chiude la sonata.
La sonata n. 31 op. 110 vide la luce contemporaneamente alla successiva op. 111. la pagina non reca nessuna dedica, contrariamente a quanto lo stesso Beethoven aveva anticipato all’editore Schlesinger “Quanto alla seconda Sonata in La bemolle, ho stabilito di dedicarla a qualcuno e presto le farò avere i particolari in proposito”. Mai, tuttavia, Beethoven fece cenno ad alcuna dedica, inducendo più di uno studioso a ritenere che il vero dedicatario della pagina fosse l’autore stesso. Questa supposizione è avvalorata dal carattere fortemente personale e intimista della composizione.
Negli stessi anni in cui lavorava alla stesura della Messa solenne op. 123, Beethoven scrisse anche la sua ultima sonata, l’op. 111. come gi era accaduto per altre pagine cos complesse e dense, Beethoven lavorò a lungo alla stesura e alla definizione della versione definitiva, attraverso un labor limae particolarmente faticoso. Egli prese ispirazione da molto lontano. Sebbene i primi abbozzi risalgano al 1819, il celebre tema del primo movimento era gi presente in un quaderno di appunti che si può datare 1801-1802. sempre dalla lettura di questi appunti, si può ritenere che Beethoven abbia immaginato di scrivere una sonata in tre movimenti, e quindi molto lontana da quella struttura che noi conosciamo. In seguito quello che doveva essere il tema iniziale del primo movimento divenne il Quartetto per archi N.13, e quello che avrebbe dovuto essere il tema dell’adagio una lenta melodia in La bemolle maggiore venne abbandonato. Solo il tema pianificato per il terzo movimento venne effettivamente impiegato, ma per il primo movimento. La particolare struttura del secondo movimento fa pensare che Beethoven abbia del tutto abbandonato l’idea di scrivere un terzo tempo, quando pot notare che la sonata nella sua interezza, corrispondeva al progetto che di quella aveva disegnato.
Con queste pagine, Beethoven traghetta l’umanit verso nuove sponde, nuovi orizzonti. Pollini si è fatto profeta di questa visione, fornendo delle sonate ultime del maestro di Bonn una lettura essenziale, vigorosa, densa. Meritatissimo l’applauso lungo e convinto del pubblico napoletano, al quale il pianista ha regalato due bis.
In foto, Maurizio Pollini
LA NOTIZIA – ASPETTANDO MAHLER
Parrucche coloratissime, costumi estrosi creati da Giusi Giustino tre giovani direttori d’orchestra, hanno invaso le vie del centro di Napoli con alle spalle un leggio sul quale campeggiano le note della Quinta Sinfonia di Gustav Mahler.
Ai direttori il compito di distribuire le cartoline per promuovere il concerto in programma il 19 febbraio (replica domenica 20) protagonista l’Orchestra del Teatro di San Carlo guidata da Christian Arming sulle musiche di Gustav Mahler (Sinfonia n.5 , Adagietto; Sinfonia n.4 in sol maggiore per soprano e orchestra, solista Malin Hartelius).