Sabato scorso al teatro Bolivar Luca Trezza e Francesca Muoio ci hanno accompagnato all’inferno, quello bello, quello del sommo poeta in un viaggio omaggio, come tutto lo spettacolo che hanno portato in scena.
Tre omaggi senza ormeggi, un numero che per Dante aveva un significato simbolico, tre sono le cantiche e i regni dell’aldilà, la Trinità, Cerbero e sue teste, tre le donne che corrono in aiuto, la Vergine, Santa Lucia e Beatrice e trentatré sono i canti più uno, per buon augurio potrebbe dire qualcuno.
Ricomicio da tre, avrebbe detto Massimo Troisi e così hanno fatto Francesca e Luca mettendo in scena la Divina Commedia, ma solo l’inferno che per il purgatorio e il paradiso c’è sempre tempo.
Un omaggio a Napoli e alla sua lingua. Un progetto da ricordare, un progetto per ricordare che i dialetti sono importanti, Dante stesso giocava con la loro musicalità capendone la grande potenza artistica.
Tien a’ mmente, conserva nella memoria, è fondamentale, è importante. Un omaggio a piazza Dante e alla casa editrice Pierro che ha stampato le opere di Benedetto Croce e Salvatore di Giacomo, Matilde Serao e Gabriele D’annunzio, e tra miseria e nobiltà, tra analfabetismo e grandi letture anche Eduardo Scarpetta.
Un omaggio a Dante, tien ‘a mmente il poeta e i suoi canti, la sua commedia, divina. “Divin ‘a’ mmente Dante” da qui il titolo dello spettacolo. E così leggono versi in napoletano e nella lingua madre, sono Caronte e ci traghettano sullo Stige. Sono Virgilio e i fisolosofi greci, i troiani, Ettore, Enea. Sono Adamo, Mosè, il re Davide. Sono Paolo e Francesca, l’amore, la passione, la stessa che hanno i due attori. L’amor che move il sole e l’altre stelle.
Un omaggio a Matilde Donnarumma Pierro, pronipote di quel signor Pierro della casa editrice. Dopo aver letto la sua incredibile storia, Matilde, oggi novantenne, sta completando gli ultimi canti del paradiso, i due attori hanno deciso di lavorare a questo spettacolo. La Divina Commedia in napoletano nell’identica struttura dell’originale, non una vera e propria traduzione però, piuttosto una riscrittura che non ne tradisce il pensiero e il linguaggio.
Per raggiungere le stelle, nell’inferno si deve scendere con Luca Trezza e Francesca Muoio che si dividono in tre per due restando fedeli al numero magico.
Una coppia in coppola introduce la scena, puro metateatro, parlano con noi, ridono e scherzano, regalano rose, ballano il limbo nel limbo. Una coppia legge i divini versi, si alternano, si accavallano, diventano ora Dante ora Virgilio, sono l’uno il maestro dell’altro che la retta via era smarrita. Una terza coppia racconta la storia, per non dimenticare, tien ‘a mmente, chi era Matilide, perché scriveva, chi era il sommo poeta. Vite che si ritrovano, aneddoti, guelfi e ghibellini, figli e nipoti.
Tutte le vite si somigliano, e chi si somiglia si piglia, magari proprio in piazza Dante.
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