Un altro mondo è possibile è il titolo che il Teatro di Napoli, ha scelto per la stagione 22/23. Nonostante il claim possa sembrare banale, questi mette in luce il desiderio del Teatro Nazionale di riaccendere l’attenzione sul reale non con l’evasione, come ci dice il direttore Andò, ma con un’idea di teatro ricercata sotto la sua direzione e di anno in anno rafforzata: quella di portare il teatro ad essere specchio della realtà e, per questo, ad occuparsi della società, a nutrirla e a nutrirsene. Un’idea che fu quella non ragionata del teatro dell’origine dello spettacolo dal vivo.
Meno spettacoli, più enfasi sui progetti collaterali che vedono un dialogo con quelli che, colpevolmente e senza eufemismo, vengono ancora definiti gli ultimi da ogni società: giovani a rischio, immigrati, carcerati.
Senza scomodare troppo il Perseo calviniano (a cui il Nazionale ha dedicato una rivista) il principio è comunque lo stesso che muove l’eroe elevato a esempio di leggerezza: non rifiutare il mondo di mostri in cui si vive, ma approcciarlo di riflesso, per decapitarlo o quantomeno modificarne il pensiero. Non allontanare la realtà con il nuovo mondo possibile, ma catturarla nelle istantanee dei 23 spettacoli della stagione, un unico grande romanzo, come si è detto.
E si parte proprio da un grande romanzo, Ferito a morte di La Capria. Il titolo, la regia di Andò, vede sul palco Gea Martire e Paolo Mazzarella (che avevamo già trovato lo scorso anno in Brevi interviste con uomini schifosi). Nell’anno che doveva festeggiare il centenario dello scrittore della bella giornata, e che invece ne vede il commiato.
Chiude la stagione in sala, al San Ferdinando, Stanza con compositore, donne, strumento musicale e ragazzo di Mario Martone che prosegue nell’omaggio a Fabrizia Ramondino cominciato con Villino Bifamiliare in coda alla stagione appena conclusa.
Come già nelle scorse edizioni sotto la direzione Andò, la politica generale del Nazionale vede sempre di più il San Ferdinando svincolarsi dall’etichetta di teatro degli spettacoli in lingua napoletana: il Nazionale è composto da due martelli che battono allo stesso modo sulla maglia culturale che si va forgiando.
E se a un primo sguardo si vede la riduzione netta del numero degli spettacoli rispetto allo scorso anno, molti di quelli della stagione resteranno fissi nella memoria, veri e propri omaggi, veri monumenti nella storia della cultura.
Monumento sarà quello eretto da Antonio Capuano (La Polvere di Napoli, etc.) a Totò e Peppino che recitano Beckett, T&P Totò e Peppino. Monumenti sono, per motivi diversi, Il Settimo Senso di Ruggero Cappuccio e Nadia Baldi (qui regista) e Italia-Brasile 3-2 di Davide Enia.
Nel testo scritto dal direttore del CampaniaTeatro Festival una assurda intervista a Moana Pozzi mette a dura prova quello che abbiamo capito sulla nostra società.
Enia, invece, scrittore e drammaturgo palermitano tra i più talentuosi in Italia (se volete leggere qualcosa di bello e sensato, in aria di anniversario, si consiglia Mio Padre non ha mai avuto un cane) e che ripercorre le tappe della partita tra di Barcellona del 1982, mischiando l’evento generale con quello locale della sua esperienza di bambino siciliano. Un modo classico della sua scrittura.
Ancora, un monumento quello che Concita De Gregorio erige a 5 donne di cultura passate sotto silenzio, con il suo Un’ultima cosa, sette invettive cinque donne e un funerale (e chi sono le donne in questione vi invitiamo a scoprirlo a teatro).
Non da meno il Pasolini cantato in Cado sempre dalle Nuvole, di Mauro Gioia. Grande attesa per Il segreto del Talento. Le Gazze Ladre, scritto da Valeria Parrella e diretto dal compositore Paolo Coletta. Si tratta di un paradossale viaggio intorno al 700 musicale, napoletano e veneziano. Un progetto di teatro musicale che promette fuochi d’artificio.
Elio de Capitani, presenta al San Ferdinando La Morte e la Fanciulla, di Ariel Dorfman, una vicenda che sa di Sud America, dittature, desaparecidos, torture e rivalse, tanto inquietante quanto avvincente. Filippo Dini, invece, con Il Crogiuolo di Miller, traccerà una linea che lega il Maccartismo alla caccia alle streghe di Salem. Due spettacoli che lanciano uno sguardo lucido e impietoso sulle storture che hanno edificato la nostra società democratica, e che ancora oggi fanno sentire le loro contraddizioni nelle dinamiche geopolitiche.
Non mancheranno letture, riscritture e interpretazioni di grandi classici. Così il Don Chisciotte di Francesco Niccolini, l’Otello di Andrea Baracco, il Cyrano de Bergerac di Arturo Cirillo o Il giardino dei Ciliegi di Rosario Lisma. E ancora tanta riflessione sul mondo con Emma Dante e il suo Misericordia o Roberto Alajmo e La Compagnia del Sonno.
La zattera di Gericault porterà sul palco personaggi come Claudio Di Palma, Nello Mascia, Anna Ammirati, assieme a vecchie conoscenze come Lorenzo Gleijeses sul palco del San Ferdinando.
Il palco di Piazza De Filippo ospita anche quest’anno Enzo Moscato, con Libidine Violenta, spettacolo che fa suo il reinventar tradendo di tradizione moscatiana, e riprede lo spettacolo di Lino Musella dedicato a De Filippo, Tavola Tavola, Chiodo Chiodo, sulla scia del successo avuto nella stagione appena conclusa.
In primo piano anche i tre progetti principali. Così la diciassettesima edizione di Arrevuoto, che sostiene i giovani delle zone a rischio, Verso Sud, che mette in dialogo il Teatro di Napoli con le comunità di migranti presenti in città e Natura/Arrevuoto, che riprende il format già citato per lavorare assieme alla Compagnia della Fortezza del Carcere di Volterra.
Mettere in scena storie è uno dei modi per sopravvivere. Non è solo un modo di dire. Nell’avvicendarsi di situazioni che chiamiamo vita, la scelta di guardare oltre la realtà con lo sguardo di un mondo altro, permette quella tutela dell’Io che senza la finzione non sarebbe possibile. Si tratta di qualcosa che facciamo ogni giorno della nostra vita. Non ci sarebbe possibile senza danni, infatti, portare avanti faccende più o meno sciocche, conversazioni fatue, mansioni vacue, senza calarci ogni volta in altrettante parti: quella del lavoratore, quella dell’amico o quella del consumatore. Insomma, ogni volta ci caliamo in una parte, un gioco che è alla base della vita, del romanzo e del teatro.
E il Teatro Nazionale, anche in questo giro, ha il merito di avercelo ricordato.
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In copertina, immagine da Cyrano de Begerac con Valentina Picello, Arturo Cirillo, Giacomo Vigentini, Giulia Trippetta, Rosario-Giglio nella foto di Tommaso Le Pera