P.I.A.(il principio di indeterminazione di una anima), drammaturgia e regia di Bruno Barone con Rino Di Martino, Francesca Romano Bergamo, Ivano Schiavi, B. Barone, Amanda Sanni, in cartellone Napoli Teatro Festival Italia, è andato in scena alla Galleria Toledo. Il testo, partendo dalla teoria di indeterminazione delle reazioni dei neuroni del fisico Heisenberg, esplora l’anima umana e i suoi vari comportamenti non facilmente immaginabili di fronte alle vicissitudini della vita dell’uomo nella coppia o in relazione con altri.
L’ambientazione è a Napoli, citt modello per studi di sociologia. Un gay, la prostituta, l’omosessuale, una giovane moglie con bambino innamorata di uno dalla doppia sessualit , sono le tessere di un mosaico di un nucleo che vive a stretto contatto nello stesso palazzo. Questa è l’immagine dominante di Napoli nello spettacolo. Citt in cui ceti sociali diversi e varie etnie comunicano e convivono civilmente a stretto contatto. La cultura partenopea è fortemente presente nella narrazione e nello svolgimento scenico.
Il racconto è dinamico e non ha una cronologia.Gli eventi si susseguono con lo stesso ritmo della tombola, gioco presente tutto l’anno, in cui può essere estratto prima il 90, ultimo numero, e poi alla rinfusa gli altri.
Lo spettacolo si apre con la morte di Marco per poi concludersi con l’amore tra due che si sono odiati per anni. Marco, sposo della bella Sara appare vivo al suo fianco e anche in abito bianco a piedi nudi come era nella bara. Morte e vita sono sempre presenti nella nostra cultura. Il Vesuvio, il mare, la Solfatara, il bradisismo sono simboli di vitalit e morte. Lo spirito del defunto o munaciello, non abbandona la propria casa e i suoi cari.
Tema dominante è l’impossibilit di vivere una vita normale perch si evolve nelle ore, nei giorni, negli anni tra gioie e dolori, sogni e delusioni, amori e tradimenti, nascite e morte. In essa mancano certezze e sicurezza di poter vivere anche il giorno dopo. “Carpe diem, quam minimum credula postero”. Orazio, forse, lo ha ascoltato a Napoli “Godi il giorno che passa, confidando meno che puoi nel domani”. Nella nostra lingua manca la coniugazione del futuro. Ogni verbo ha solo presente e passato.
La scenografia di Gennaro Staiano è sobria. Grandi pannelli verticali neri e bianchi su cui appaiono immagini in contro luce e al centro una ampia finestra con balconcino alla romana, è la casa di Rino, nel ruolo di Mario il gay che convive con Armando suo amante, vicino di casa della coppia Sara e Marco e poi Marco e Diego, a cui come ogni buon vicino offre spesso il caffè, una vera ciofeca(pessimo). Lilly è la seducente prostituta orgogliosa di far felice fidanzati e mariti delle sue amiche.
Il dramma è vissuto e rappresentato con ironia e leggerezza secondo i canoni della filosofia partenopea. Costumi di Annalisa Ciaramella. Luci Giuseppe Di Lorenzo. Assistente alla regia Ivan Improta. Addetto stampa Emma Di Lorenzo.
In alto, una scena dello spettacolo fotografata da Salvatore Pastore