Il cielo in una stanza, drammaturgia di Armando Pirozzi ed Emanuele Valenti, anche regista, prodotto da Fondazione Campania dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia, Fondazione Teatro di Napoli, Teatro Bellini, sul cui palco è stato in scena con Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Vincenzo Nemolato, Valeria Pollice, Gianni Vastarella e Valenti anche attore. Appare subito che non è un kolossal. La scenografia di Tiziano Fario è simile a un presepe in allestimento con sughero e legno, al centro una grotta stanza, due rampe di scala ai lati, armadi e tuguri come canili da cui gli attori sbucano come cani. E’ un appartamento all’ultimo piano di un palazzo ridotto in macerie per crollo dovuto a costruttori malavitosi criminali.
Si evidenzia il riferimento a “Mani sulla citt ” film di Rosi, aspra denuncia alla speculazione edilizia di faccendieri e criminalit nel governo di Napoli del sindaco Achille Lauro. Un appartamento senza soffitto rievoca la poetica romantica canzone di Gino Paoli portata al successo da Mina negli anni 60. Il vissuto tragico degli stessi anni di napoletani in cerca di lavoro a Milano, ricalca la scrittura teatrale di Scarpetta ed Eduardo.
Il gruppo di rifugiati, delusi di non aver trovato alcun lavoro nella “opulenta” Milano perch “terroni”, termine siciliano per distinguersi dai calabresi abitanti sulla terra ferma, costretti in un alloggio privo di ogni conforto a stretto contatto con pioggia vento nebbia topi e scarafaggi, spera per anni in una sistemazione decorosa dal Comune. Altra illusione. Arrivano a convincersi di reagire e di risolvere il loro annoso problema facendo leva sulle proprie capacit .
Inizialmente, lo spettacolo, anche se non originale, si rende piacevole. E’ la classica commedia napoletana, tessuta tra drammaticit e ilarit , in cui emerge la saggia antica filosofia partenopea ideata dalle Atellane con Pulcinella protagonista, in epoca latina. Ma come è noto, quando lo spettacolo denso di ripetizioni, privo di inventive, supera i 60’/70′ annoia.
Lo spettacolo di Valenti supera i 90′ trasformandolo in una zuppa priva di sapore riscaldata più volte servita a pranzo e cena, introducendo scialbe gag, come quelle sempre esilaranti viste e riviste nel cinema muto e dalla coppia di Stanlio e Olio, che, se fatte male, non divertono un pubblico abituato al teatro d’arte di autori internazionali. In ogni opera d’arte domina la sintesi. Il togliere e non il mettere talmente tanto da farla diventare un cumulo di zavorra. In architettura dominano i vuoti, spazi per abitare circolare ospitare, svuotando molto i volumi.
Scrittori e poeti rileggono, limano le frasi e i versi per rendere piacevole interessante la lettura, rendere nitide le immagini. In scultura dal blocco di marmo o di argilla si toglie per far emergere esclusivamente l’opera. In una pala d’altare non c’è una zuppiera di fagioli, nella moda su un lungo abito un bikini, la borsa con 3 manici, scarpa con 5 tacchi, guanti con 8 dita, su un anello una vistosa collana. Il parrucchiere o il barbiere taglia, accorcia, modella, non aggiunge mai capelli su capelli.
Solo a teatro si verifica il mettere parole su parole quando il regista è anche autore e attore per il puerile narcisismo di apparire più tempo in scena illudendosi di sembrare mitico, bravo, e avere copiosi applausi. Lo stesso avviene per esordienti scrittori e poeti. Romanzi di oltre 300 pagine anche se non sono Manzoni.Cesare, anche scrittore giornalista, scrive al Senato “veni, vidi, vici” dopo aver compiuto una ardua impresa bellica. I poeti pubblicano loro raccolte con 400/500 poesie simili a note della spesa o appunti su diario, privi di alcun interesse, scritti su mezza pagina per farli sembrare componimenti idilliaci romantici. Essi ignorano che Leopardi, in tanti anni ha scritto solo 36 poesie studiate e tradotte in molte lingue tra cui il cinese subito dopo la sua morte. Spettacolo pessimo del Festival, ricco di prosa eccellente, è stato “58 parallelo nord”, 150′, di cui ho solo visto meno di mezz’ora assalito da continui sbadigli che mi hanno indotto a cercare la via di fuga seguito, dopo, da altri.
Per saperne di più
www.napoliteatrofestival.it
In foto, una scena dello spettacolo