Bonsoir, je m’appelle Molière. Nelle stagioni teatrali notiamo che negli ultimi tempi le meravigliose opere del grande commediografo francese, vengono poco rappresentate. «Il più profondo e meraviglioso Molière è lo psicologico, che non fa ridere, ma fremere, infondendo nell’anima una tetraggine amara» così scrive Luigi Tonelli per La Stampa 1922, nel terzo centenario della nascita.
Al teatro Mercadante di Napoli, ho assistito al “Don Giovanni” nell’ allestimento di Arturo Cirillo che considera Molière tra i suoi autori prediletti. Ma nel proprio adattamento, l’attore e regista stabiese va oltre, proponendo una intelligente contaminazione tra Molière e un melodramma giocoso di Wolfgang Amadeus Mozart su libretto di Lorenzo Da Ponte, creando così un godibile meraviglioso spettacolo.
Un folto pubblico attento in “religioso” silenzio, affascinato da tutti i personaggi che si muovono sul palco del Mercadante, -interrompendo con timidi applausi a scena aperta educatamente -per non stemperare la tensione del momento – solo sul finale un caloroso importante applauso.
Ma chi era Molière? Pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin. Il 15 gennaio 1622 venne battezzato nella chiesa di sant’Eustachio a Parigi. Ben presto chiamato Jean-Baptiste per distinguerlo dal fratello minore Jean, solo in seguito, a ventidue anni circa, scelse lo pseudonimo di “Molière” in onore dello scrittore François de Molière.
Commediografo, drammaturgo francese, ma anche attore teatrale, Molière si distinse con la sua naturalezza nella recitazione ispirandosi alla Commedia dell’Arte. Autore di grandi opere, diventate un Cult del teatro , come “L’Avaro” “Il malato immaginario” “Il Tartufo”, “Il Misantropo” “Il borghese gentiluomo” . Opere che spesso sono diventate capolavori filmografici, farse, commedie satiriche di costume, interpretate da grandi nomi come Alberto Sordi.
Ma torniamo ad Arturo Cirillo, che dire? Si apre il sipario. Inizia la magia. Con la scena – creata da Dario Gessati, i costumi di Gianluca Falaschi, le luci di Paolo Manti, musiche di Mario Autore. Tutto è magia, tutto è bellezza, eleganza, ma soprattutto bravura, per questo citiamo tutta la compagnia, che ha regalato momenti intensi, coinvolgenti, portandoci nel complicato mondo di Molière, facendo vibrare le corde emozionali dello spettatore.
Vi presentiamo gli artisti: Irene Ciani (Donna Anna / Zerlina), Rosario Giglio (Don Luigi / Commendatore / Signor Quaresima), Francesco Petruzzelli (Don Ottavio / Masetto / Un povero / Ragotino, lacchè di Don Giovanni), Giulia Trippetta (Donna Elvira), Giacomo Vigentini (Sganarello).
Una macchina attoriale perfetta nella sua perfezione.
Ma chi è Don Giovanni? Un seduttore libertino, un uomo scaltro, bugiardo, blasfemo, malvagio, immorale, miscredente,che irretisce, seduce, donne di qualsiasi ceto sociale, facendole innamorare per poi abbandonarle.
Don Giovanni annusa la presenza delle donne, sente il loro corpo anche senza vederle, alla spasmodica, convulsiva ricerca di nuove conquiste amorose, cerca di ingannare persino suo padre – per un suo tornaconto- facendogli credere di essersi ravveduto, ma è anche un omicida, che verrà trascinato al fine dalla sua stessa vittima, in uno sconosciuto girone dell’inferno, un personaggio complesso nella sua complessità.
Come portare in scena tutto questo? Arturo Cirillo ci riesce benissimo con una regia intelligente, con contenuti tra il classico e il moderno, rappresenta la follia, il delirio, in una chiave che rasenta la contemporaneità, una regia pratica, concreta, con giochi scenici di gran effetto, costumi classici, luci moderne, gestualità, mai esagerate, un agglomerato di sintonia sul palcoscenico, accompagnata dalla musica di Mozart che fa bene all’anima.
Uno stile registico innovativo, che non si allontana mai dal testo. Arturo Cirillo -oltre firmare la regia- interpreta magistralmente Don Giovanni. Quando appare in scena sembra dire- senza dire- “Bonsoir, je m’appelle Molière”.
Cirillo si cala nel personaggio, facendo fede al pensiero attoriale di Molière, – con un suo personale pensiero moderno – stilizzando un personaggio eclettico, un folle giullare, un imperfetto uomo meschino, perverso disposto al male, disonesto e mancanza di empatia.
Tutto in due ore di spettacolo dove il protagonista si muove a volte con grazia, a volte sembra un burattino rotto, bizzarro, stravagante, equilibrato nei suoi squilibri, nessuna enfasi o virtuosismo declamatorio.
Interpretare tutto questo significa, fatica, sacrificio, professionalità, ma soprattutto bravura. Uno spettacolo da vedere e rivedere.
Citiamo chi sta dietro la complessa macchina, che si chiama teatro-senza mai apparire. Regista assistente Roberto Capasso, assistente alla regia Mario Scandale, direttore di scena Paolo Manti, fonico Giovanni Grasso, assistente scenografo Stefano Pes, costumista collaboratrice Anna Missaglia, capo macchinista Andrea Zenoni, capo elettricista Giammatteo Di Carlo, sarta Michela Ruggieri. Inoltre la Produzione Marche Teatro, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro / ERT Teatro Nazionale.
Il Don Giovanni, resterà in scena al Teatro Mercadante di Napoli fino al 27 ottobre. Il prossimo debutto al delle Muse di Ancona dal 31 ottobre al 3 novembre. La tournée toccherà poi città come Brescia, Monza, Rimini, Massa, Milano, Chiasso, Casale Monferrato, Genova, Venezia, La Spezia, Tortona, Novara, Catania, Russi (RA) Bologna,Torino, Adria, Portedone, Siena, Thiene.
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NOTE SU MOLIERE DRAMMATURGO
Nell’opera di Molière la critica ha spesso distinto tre filoni: le farse, d’origine e ispirazione italo-francesi, dove si leggono tracce della commedia dell’arte italiana e di quella medioevale francese (Sganarelle, Le médecin malgré lui, George Dandin, Le malade imaginaire); le commedie satiriche di costume, che oltre a far ridere additano i difetti e le degenerazioni della morale contemporanea (Les Précieuses ridicules, L’école des maris, L’école des femmes, Les femmes savantes, ecc.); le commedie che non ritraggono debolezze e difetti legati all’epoca e a quella società, ma eterni ed universali (L’imposteur ou le Tartuffe, Dom Juan ou Le Festin de pierre, Le Misanthrope ou l’Atrabilaire amoureux, L’Avare ou l’École du mensonge). In realtà si tratta di una distinzione più apparente che reale: la farsa, la satira, la tipicità e l’universalità s’incontrano e si fondono in ogni lavoro molieriano.