Il tema sembra inattuale. Da tempo ormai il”sogno americano” e lo “zio”, emigrato di successo ormai ricco e influente, appartengono al trovarobato dell’immaginario, gli Usa non più investiti e di aspettative, fantasie e vagheggiamenti milionari. A prescindere dalla sua valenza sorprendentemente profetica e disincantata, cosa potrebbe dirci di nuovo l’omonimo romanzo giovanile di Kafka, cominciato e mai finito, proprio un secolo fa? Da allora si è accumulata tanta letteratura sulle peregrinazioni migratorie transoceaniche dall’Europa verso il Nuovo Mondo. Il testo di superficie dello spettacolo verte solo in apparenza sulle bizzarre peregrinazioni di un giovane e sprovveduto ebreo boemo che emigra negli States alla ricerca della sua occasione.
La chiave di lettura di questo impeccabile, arioso, dinamico, feliceallestimento va cercata nel testo profondo e in una precisa intenzione peraltro chiarita dallo stesso regista Scaparro. «Lo spettacolo vuol far riflettere proprio sul presunto sogno americano e sul futuro del vecchio continente, in un’epoca difficile in cui non sono più gli europei a emigrare, ma altri popoli a coltivare il presunto sogno europeo. Amerika diviene cos una riflessione sul carattere chimerico del fenomeno migratorio in generale, visto come una costante e disperata ricerca di un “altrove” da parte degli emarginati e degli ultimi per desiderio di sopravvivenza, una ragione di vita; e, al tempo stesso anche come netto rifiuto nei confronti di ogni forma di discriminazione, razzismo, violenza.
La gravit dell’argomento trova un suo felice contrappeso in un testo visionario, una trattazione dai toni leggeri e dal ritmo sostenuto, grazie all’agile traduzione/adattamento del romanzo curata da Fausto Malcovati oltre che dallo stesso Scaparro. Una regia sobria e accurata nel minimo dettaglio, divenuta negli anni una cifra stilistica, un carattere distintivo. Una firma doc a suggello di un repertorio nazionalpopolare, attinto ai testi di autori classici, a romanzi novecenteschi e novit contemporanee.
Pur non essendo una novit la prima fortunata edizione risale al 2000- la pièce conserva intatta tutta la sua freschezza. Le disavventure dell’ingenuo Karl Rossmann indossano la veste leggera e favolistica di Pinocchio. I suoi compagni di strada, il disoccupato francese e quello irlandese, i novelli gatto e la volpe. La fata Turchina è Teresa, la napoletana Carla Ferraro che si fa apprezzare anche per la sua bella voce di contralto e gli aggraziati passi di danza. L’ambientazione è onirica, unico marker temporale è la musica temi yiddish tipici della cultura ebraica mitteleuropea, il charleston, la canzone napoletana dell’emigrante e il celeberrimo ragtime Maple Reaf. Disinvolto, completo, convincente il Karl del giovanissimo e gi affermato attore e regista Giovanni Anzaldo.
Superlativo e sempre convincente Ugo Maria Morosiora zio Jacob, ora imbonitore ora drag queen. Dizione limpida, timbrica pastosa e inconfondibile, non a caso grandissimo doppiatore. Impeccabili Giovanni Serratore, Fulvio Barigelli, Matteo Mauriello. Funzionali i costumi di Lorenzo Catuli, e di raffinata semplicit le mise di Carla Ferraro, cui si devono anche i movimenti coreografici. Apprezzate le scene di Emanuele Luzzati che con un ininterrotto dinamismo di poche pannelli suggerisce le ambientazioni più disparate. Di grande forza evocativa e assolutamente seducente per finezza ed eleganza esecutiva la musica live del trio da Alessandro Panatteri (piano e arrangiamenti) Andy Bartolucci (batteria), Simone Salza (clarinetto). Applausi convinti e insistiti. Nel ringraziare il pubblico napoletano, Morosi dedica lo spettacolo alla memoria del regista Francesco Rosi.
Si replica fino a domenica 18 gennaio 2015.
Amerika di Franz Kafka
Teatro Nuovo
fino al 18 gennaio 2015
Via Montecalvario, 16, Napoli
081 497 6267
Nello scatto di Salvatore Pastore della Ag Cubo l’insieme finale dello spettacolo