Ariosto e l’Orlando. Un cosmo di “donne cavalieri arme ed amori, di audaci imprese e cortesie” in un racconto a due voci. Accorsi-Cavalier narrante introduce con la giusta enfasi Angelica e Orlando, Bradamante e Ruggero e gli altri favolosi personaggi dell’epica ariostesca. Giostre e grandi imprese, figure leggendarie, Astolfo, il magico viaggio sulla luna, i paladini. Amori grandi, intensi sentimenti e gelosie, continuo vorticare di passioni. Nel fiabesco narrare i luoghi incantati e l’Ippogrifo, figura alata, nobile parto della fantasia, e il semplice cavallo, ipersegno di un mondo di valori, della virtù guerriera della cavalleria ma anche dell’anima-passione, come recita il mito platonico della biga alata.
Marco Baliani, novello Pack di scespiriana memoria e anche regista di questa splendida pièce, gli saltella attorno “commenta, insinua, suggerisce, spiazza, entrando e uscendo dalla tessitura del racconto”. Cos il regista nelle sue note, parlando del ruolo che si è attribuito.il gioco antico e nuovo del teatro, dove il linguaggio del corpo e dei gesti amplifica e sottolinea la parola. Il folletto muta continuamente di ruolo è guida e didatta, commenta e dissacra, gioca d’anticipo,provvede a smorzare toni epici e derive enfantiche, troppo lontani dalla sensibilit dell’oggi, con provvidenziali rovesciamenti parodici che inducono al riso.
Un personaggio, il suo, che sulle prime appare complementare, di supporto, ma che ben presto, nell’agile dipanarsi del racconto affabulatorio, si rivela sempre più essenziale, quasi magico filo rosso che, aggirandosi disinvolto e sicuro nei meandri della trama ariostesca, imbastisce un percorso agile e sapiente, dove la maschia baldanza cavalleresca, comune a cristiani e non cristiani, si alterna a trasalimenti e eccessi di passioni amorose che non conoscono barriere di casta, di censo, di religione.
Il racconto procede spedito, ma non lineare; disegna arabeschi da inseguire con gli occhi, il cuore e l’orecchio, continuamente accarezzato dalla musica del verso che continua a fluirenelle digressioni extra testuali un continuo “dentro e fuori” che interrompe provvidamente l’eventuale monotonia nella quale potrebbe indurre un interrotto fluire del verso, a tutto vantaggio della teatralit .
I due protagonisti si producono in una sapiente poesia teatrata, punteggiata da un continuo e paritario finto-rimbeccarsi, in cui l’attento scambio dei ruoli, tra picchiatore e picchiato, evita le secche del dualismo mattatore-spalla, garantendo al Cavalier narrante pari dignit protagonistica. Il loro è un parlare in versi non declamato, talvolta volutamente sdrammatizzato, con incursioni nella parlata comune, con brusche ed esilaranti variazioni di registro linguistico e un continuo giocare, tra ammiccamenti futuristici “abbassati” fino al puro piacere di un rimare in are o in ere, che fa a meno dei riferimento ai significati.Saltimbanchi del verso e funamboli della parola, Baliani e Accorsi si aggirano sicuri nel gioco seduttivo della parola che incanta, complice l’eccelso “copione” ariostesco amato, sottolineato, digerito, come lo stesso Baliani annuncia nel prologo, a testimonianza di una frequenza annosa e mai dismessa, del suo sviscerato amore per poesia, del suo innamoramento per rime e assonanze che fluiscono naturali dalla sua bocca, anche quando il discorso esula dalla strofa per avventurarsi in godibili digressioni sulla contemporaneit , su certe stature nane per altezza non solo fisica, su certi finti smarrimenti di Accorsi-Cavalier narrante che cade nella selva oscura della terzina dantesca. O quando Baliani- Folletto saltellante irrompe con goliardiche e spensierate incursioni nella recitazione di Stefano-Cavalier narrante in funzione contrappuntistica e di equilibrio per interrompere un fluire narrativo troppo rapido, smorzare toni troppo accesi ed enfatici con un provvidenziale, quanto spiazzante, rovesciamento parodico.
Ammirevole e impeccabile la naturalezza che i due conferiscono alla loro poesia teatrata, ottenuta con mezzi, se non poveri di certo semplici ed essenziali, che ricorderebbe i bei tempi del teatro d’avanguardia, quando fantasia e crativit sopperivano alla mancanza di spazi e alla carenza di mezzi, se non fosse per la potenza della figure equine, di Mimmo Paladino, traduzione scultorea di figure archetipiche di sapore arcaico, oniriche quanto i personaggi ariosteschi.
Su di essi, e non solo, il disegno luci di Luca Barbati costruisce un vero e proprio copione narrativo, passando dall’effetto luce alle luci a effetto, di taglio, bianche, colorate, rutilanti e di grande forza drammatica a commento visivo della follia di Orlando, nella quale la recitazionedi Accorsi, gi eccellente, si arricchisce dei toni più vibranti, senza mai scadere nell’istrionismo e nell’eccesso. Naturalezza, essenzialit , minimalismo, eleganza e autoironia sono la cifra che caratterizza l’intera performance.
Nel prologo, Baliani schermendosi, ricorda 6 è« « o è á « s pt B L libri n e B link B B d d B d
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B t n B B B B R pe B K K K B Y B B T B B D B e S pH K B UN la proposta fattagli da Accorsi di curargli la regia di una di rappresentazione del mondo dell’Ariosto in un one-person show. Una pura follia dopo la monumentale e poco fortunata riduzione televisiva di Luca Ronconi degli anni Settanta? No, era una messinscena manierista e troppo apparecchiata, rispetto al testo originale. Uno dei tradimenti novecenteschi del capolavoro aritostesco.
Baliani ha accettato la sfida e l’ha vinta, giocando di rimessa e di agilit ; per sottrazione e riduzione all’ essenza, sostituendo all’azzardo del one-person show la formula del duetto, di felice esito solo quando ci sono comune sentire e grande affiatamento. Il suo titanismo è tutto qui, nell’aver colto, per geniale intuizione, raffinata sensibilit artistica e grande familiarit con il testo poetico, le basi della struttura dell’Orlando il senso dei rapporti teatrali, della funzione scenica, dello scambio continuo tra illusione e realt ; le costanti morali e antropologiche della visione ariostesca della vita. Una magica semplicit . Da non perdere. Si replica al Nuovo fino a domenica 2 marzo.
Per saperne di più
www.teatronuovonapoli.it
In foto, una scena dello spettacolo