Quarantasette “Morto che parla” … Si chiede chi è, e come è andata la sua morte. “A Napoli ogni avvenimento è spettacolo”, ciò che appare spesso non è. Ma è splendidamente descritto nel conturbante quadro con cornice dipinto dalla storica dell’arte e scrittrice Letizia Triches in “Verde napoletano” edizioni Pendragon,(pagg.320,euro 16). Eros e arte, passione per l’arte,in una vita intrisa di estremi si muovono i suoi prsonaggi, si intrecciano i profili di due donne Chantal Chiusano poliziotta napoletana; Sara Steno, psichiatra romana. Hanno sposato due pittori morti a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro Giovanni Aiello grande talento incompreso e il famoso Michele Mosti,pittore di”chiara fama” ucciso con la sua amante.
Artisti che il caso aveva fatto sfiorare per una “Via Crucis” -commissionata a Giovanni e poi eseguita da Michele – e poi misteriosamente frequentare. Uomini ai limiti “Mi sottoponevo a un ritmo gravoso tra esperienza di vetta e cadute in baratri di disperazione” … Pittori che rinunciano a essere tali,si nascondono a tutti concedendosi a “ritagli”.
Sullo sfondo una Napoli dalle sette opere della Misericordia del Caravaggio, del mar di Bacoli, dell’Accademia di belle arti, “preziosa miniera da cui attingere”. Poi c’è Fortunato con la sua bottega di statue di gesso, “il più grande formatore di Napoli”. Nel doppio intrigo, magistralmente condotto dalla penna indagatrice della Triches,i due mondi, del crimine e dell’arte, e anche una douplice amarezza “La speranza dell’affare anima sempre chi acquista un’opera d’arte. Il piacere estetico va a finire in seconda linea. Se non ancora più indietro” e “la solita speculazione sulla creativit “.
Il commissario Chantal, destreggiandosi in quel mondo di critici d’arte, mercanti, antiquari, risolve alla fine il caso Musti. Omicidio o suicidio? “Proprio l stava il supremo artificio, l’opera d’arte è qualcosa che non esiste nella realt , il pittore “avrebbe trascinato lo spettatore ignaro in una realt diversa, ne sarebbe stato il regista oscuro,oltre che il protagonista”.
Di seguito intervista con l’autrice
b>Perch Napoli?
Sono nata e vivo a Roma, dove insegno storia dell’arte, ma la mia carriera di critico e storico dell’arte è iniziata a Napoli, proprio negli anni Ottanta, esattamente nel periodo in cui è ambientata la storia. Vogliamo definirlo un omaggio alla citt ?
Attratta dal Vesuvio?
A Napoli sono venuta spesso, ma solo per brevi periodi. Conosco bene il suo territorio, specialmente l’area dei Campi Flegrei, dove vive una delle protagoniste del libro. Si tratta di una natura che non ha i mezzi termini, come gli stessi napoletani da una parte la dolcezza di una costa morbida accarezzata da un mare smagliante con le isole sullo sfondo, dall’altra l’origine vulcanica del terreno con le solfatare che sputano gas e, in lontananza, la sagoma inquietante del Vesuvio. La vita che germoglia e si rigenera sulla superficie e il fuoco sotterraneo apportatore di morte e distruzione nelle profondit della terra. E’ uno stato di minaccia latente.
Cosa pensa della demonizzazione di questa citt ?
Ogni volta che arrivo a Napoli mi assale una sentimento di paura, ma anche di piacere. Sembra di vivere alla soglia di un pericolo incombente che, tuttavia, procura anche una forma di eccitazione. Il degrado è sotto gli occhi di tutti eppure non si può fare a meno di intuire quanto potrebbe essere grande questa citt . E’ una specie di promessa mancata, e si prova struggimento di fronte al suo fantasma. Per questo la rabbia che si nutre nei suoi confronti alla fine diventa amore.
L’idea per questo suo libro?
Le coincidenze non esistono e tutto è concatenato. Ci sono sempre tanti livelli di lettura per i fatti della vita. Ci si può fermare al primo, e avremo una storia. Andando avanti, invece, si arriver al significato del perch quei fatti sono accaduti. La risposta va sempre ricercata nella natura umana. Per me gli aspetti psicologici, riferibili alle esperienze personali dei protagonisti, sono fondamentali per risolvere il caso.
Un romanzo, giallo?
Lo si potrebbe definire cos, poich la costruzione è senza dubbio quella del giallo classico una prima parte in cui si raccolgono tutte le informazioni e una seconda in cui si sviluppa l’azione che inchioder il colpevole degli omicidi. Ma, forse, sarebbe più corretto chiamarlo noir. Il giallo è più consolatorio, alla fine si rimette a posto l’ordine legale che si era incrinato; il noir è più inquietante, apre un doppiofondo nella rottura dell’ordine stabilito. E il mio libro si gioca tutto sul “doppio”.
Si rivede in qualche personaggio?
Senza dubbio. C’è qualcosa di me sia in Sara che Chantal, tuttavia non è stato intenzionale. L’ho scoperto solo rileggendo il libro, anche perch, quando scrivo, non penso mai ad esprimere me stessa, ma a raccontare delle storie. Scrivo le storie che vorrei leggere.
Perch verde napoletano?
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ore che non esiste. Inutilmente potremmo cercarlo in un negozio di articoli per dipingere, ma la mia storia è ambientata nel mondo dell’arte e i protagonisti sono pittori che amano, tutti, il colore verde. Il verde è un colore speciale. Si trova esattamente al centro dello schema cromatico. Nella sua accezione positiva, è legato alla vita e alla fioritura della natura, in quella negativa a entit diaboliche e pericolose. Insomma, è un colore da maneggiare con cura…
Inizia con 47 il morto che parla, quale il suo rapporto con la morte?
Mi ha sempre affascinato il particolare rapporto di confidenza che i napoletani hanno con il mondo dei morti. Forse dipender dal fatto che per gli antichi l’ingresso all’Averno era situato proprio vicino Pozzuoli. Per dire, se uno avesse voluto fare una visita a un caro estinto, avrebbe potuto semplicemente andarlo a trovare come fa Enea nel VI canto dell’Eneide di Virgilio. La morte interrompe la vita, ma non i sentimenti, che continuano a esistere. E non c’è realt più vera delle nostre emozioni.
Il personaggio principale…
Sono quattro le voci narranti del romanzo Sara, la psichiatra romana, Chantal, la poliziotta napoletana,la stessa citt di Napoli e “47 morto che parla”, la cui identit si scoprir solo verso la fine del libro. Quest’ultimo costituisce il filo conduttore che tiene insieme i personaggi e le loro avventure. Di conseguenza, la morte e il suo mistero costituiscono l’ombra avvolgente di cui si ricopre anche la ricerca artistica dei pittori protagonisti.
Quale l’influenza nel romanzo del suo lavoro di storica dell’arte?
Comune denominatore allo storico dell’arte e all’investigatore, è l’identificazione degli indizi. Per entrambi la parola chiave è indagare. Quando uno storico dell’arte deve arrivare all’attribuzione di un’opera, procede all’analisi dei documenti, raccoglie notizie, esamina perfino la traccia delle pennellate sulla tela. Una sorta di impronta digitale, unica per ciascun artista. Inoltre, sia l’uno che l’altro devono entrare nella psicologia dei protagonisti, mentre la scena del quadro o del delitto va esaminata con occhio attento, senza lasciarsi sfuggire nessun particolare. Infine, la razionalit , elemento presente e fondamentale, a volte deve cedere il passo all’intuito.
Programmi…
Continuare a unire le mie due grandi passioni arte e letteratura. Sto scrivendo un noir ambientato a Roma, in cui si parla di un inquietante villino liberty dove vivono cinque membri della stessa famiglia quattro donne e un uomo. Siamo sempre negli anni Ottanta. Non molto tempo ci separa da quel periodo che, pure, ci appare lontano. In fondo si tratta solo del nostro passato prossimo.
Nella foto, Letizia Triches