Tra i circa centocinquanta milioni di testi che si conservano sugli scaffali della British Library, la biblioteca nazionale della Gran Bretagna, è custodito un codice miniato contenente un testo liturgico che cita il nome di san Gennaro: è l’evangeliario di Lindisfarne o di san Cutberto, volume compilato nei primi anni del ‘700.
Un manoscritto che parla del santo campano sarebbe stato rinvenuto pure nella Svizzera tedesca, tra i memoriales della conservatoria dell’abbazia benedettina di Augia Dives. La devozione a Januarius fuori dallo stivale risale alla prima metà del IX secolo.
Di questo intrigo (anche internazionale) scrive la magistrale penna di Maurizio Ponticello, che rilascia alle stampe “Un giorno a Napoli con San Gennaro” (misteri, segreti, storie insolite e tesori), edito da Newton Compton Editori, pagg. 441, euro 12,00.
San Gennaro, attuale fino ai giorni nostri. E’ degli inizi del 2016, infatti, l’ultima crociata dei napoletani. Contro l’ennesimo tentativo della Curia di Napoli, e del famelico arcivescovo metropolita, nel mettere le mani sul museo, sulla Cappella e sul culto di “faccia gialla”. In una sola parola il Tesoro di San Gennaro. Una macchina da soldi.
La diocesi, i preti, vogliono entrare nella gestione dei proventi, minando la laicità della Deputazione, ovvero la governance della Cappella. Un tentativo ciclico, sempre ricorrente nella testa degli “amministratori di Dio”.
Diciannove libre e sei once d’argento “sodo” più quattro libre d’oro e ventidue fiorini. Con questo peso nasce il busto-reliquiario di Gennaro. I tre argentieri furono pagati nove ducati mensili ognuno, una cifra da capogiro. Era il 1304 quando Carlo II d’Angiò commissionò il busto a grandezza naturale ossequiato da secoli.
Napoli, capitale dei “sangui”. Nel Seicento oltre 200 ampolline prodigiose si “sgelavano” in giorni diversi, riproducendo il fenomeno quasi ogni giorno. Teche, stimmate, membra ferite, sembravano esistere in funzione del sangue pullulante del patrono Januarius, per opera del compatrone.
Anche se nessuno ha mai acclarato la veridicità del miracolo, neanche la chiesa stessa, il sangue di san Gennaro unisce la gente del popolo in un solo corpo con la città, ricomprendendo soprannaturale, mistero, prodigio. Insomma, tutti pazzi per “Gennaro”.
Maurizio Ponticello si tuffa nell’oceano della ricerca innanzitutto storica, ricostruendo epoche tra leggenda, verità, credulità e pietà popolare. Un excursus da apprezzare per la dotta semplicità e obiettività, per il merito di aver portato alla luce documenti, tracce, senza esimersi dal raccontare il fenomeno in relazione alle contraddizioni con la scienza. Ma alla fine anch’egli convinto della potenza de ‘O Boss nel mondo.