Varcato il portone di palazzo Real Monte Manso di Scala (seminario dei Nobili, in via Nilo 34 a Napoli) il suo studio è il terzo sulla destra. Un’enorme pianta fiorita, gi di per se un’opera d’arte, indica l’ingresso. Ad accoglierti all’interno, minacciosi totem-segna territorio, su cui campeggiano teschi, pesci e coltelli; polipi di creta, armi giocattolo. E baccal di cartapesta. lo studio che Ulderico, artista napoletano, divide con Oni Wong (gi Ognissanti).
La prima cosa che colpisce è il tuo nome… è uno pseudonimo?
” quello vero. Sono il primo figlio maschio della famiglia Di Domenico. il nome del nonno paterno. Chiaramente l’ho poi usato anche come nome d’arte. Ulderico significa uomo ricco di beni ricevuti in eredit … purtroppo, ho ereditato solo beni morali…”.
Da quanti anni ti dedichi all’arte?
“Da sempre. Come tutti i bambini disegnavo, manipolavo la plastilina. Il primo e unico concorso a cui partecipai era di pittura giovane a Ercolano. Mi iscrissero mio padre e un cugino pittore. Vinsi il primo premio. Avevo 13 anni. Poi un intervallo, perch a casa pensavano mi montassi la testa. Eppure a scuola mi promuovevano per le mie doti artistiche”.
Che studi hai fatto?
“Molto vari istituto d’arte per grafica pubblicitaria, geometra e e il laboratorio tecnico chimico a Capodimonte. Poi ho lavorato sempre nel campo artistico, come cesellatore in fonderia, come disegnatore di bigiotteria d’alta moda a Bologna, designer per aziende. E mi sono sempre mosso nell’ambito underground con performance e installazioni”.
Racconta…
“Avevo un gruppo che si chiamava “Sex and Violence”. Facevamo performance e installazioni. Ho lavorato anche con i CP01, con cui ho fatto una tournee in giro per l’Europa con un spettacolo chiamato “Clonazione””.
Di che si trattava?
“Era il 1993. Venivamo dall’esperienza del centro sociale “Tienamment”, occupato all’epoca con intenti di fare arte. Facevo il tecno scenico. Lo spettacolo mostrava la clonazione di esseri umani. Costruivamo delle grandi torri con tubi innocenti su cui poi tiravamo su un robot con la testa a forma di enorme tv. Il robot clonava i musicisti. C’era il ribelle che tentava di fuggire, ma veniva catturato dagli altri cloni e torturato su una ruota di ingranaggi. Poi i liberatori irrompevano tra la folla creando il panico e liberando il clone che riassumeva le sembianze di essere umano”.
In tempi recenti, la tua poetica è proiettata sul baccal …
“Tutto è nato dall’idea che, per me, la societ contemporanea vuole ridurre l’uomo a baccal , un essere non pensante e dunque facilmente manipolabile. Esorcizzo questa situazione attraverso le mie installazioni, le mie performance e la dispersione del sangue del baccal . Nella speranza che faccia un po’ aprire gli occhi… pensare…”.
Quando hai cominciato?
“La prima installazione è del 2009. Alla Croce di Lucca, dove l’opera fu censurata. Da l è partita la saga del baccal . In tute le salse, tutti i materiali, in installazioni, performance, vendette personali con “Baccal 2 la vendetta” e “La riforma del baccal “”.
Di che si tratta?
“Per “La riforma” misi in scena un banchetto di scuola e realizzai tre baccal pittorici. Gabriella Grossi e Marco Zurzolo, con i loro sassofoni, mi fornirono il supporto musicale. Alla fine dell’ azione recitavo questa mia poesiola malatesta mozzata gli è/e senza pensiero a essiccare sar /a uso e consumo della nuova societ /Baccal !”
Un urlo di guerra…
“Gi . Del resto, faccio mia una frase di Picasso che dice l’arte non è fatta per decorare i muri ma è uno strumento offensivo e difensivo. Mi sento sempre un po’ in guerra, cos attacco e mi difendo con l’arte”.
E “Baccal 2”?
“Riproposi la stessa installazione della Croce di Lucca a un festival a Pozzuoli. Aggiungendo dei quadri disposti a croce con la mia immagine che recitava “non c’è arte, non c’è amore, non c’è anarchia. Baccal “. La performance l’ho riproposta a Berlino alla Street UniverCity”.
Di recente? Dove l’hai portato?
“A Roccella Ionica, verso la fine di luglio, alla rassegna “Strani amanti”. Con la Grossi abbiamo realizzato un’azione tra eros e baccal . Con una coltellata, dal corpo del pesce ho fatto fuoriuscire del rosso colore, dal quale è nato Eros. Stavolta il baccal è divenuto “a uso e consumo di chi lo amer “”.
Ma come alimento ti piace?
“Si, molto. Poi ha sfamato tanta gente. I marinai lo portavano in cambusa come alimento di scorta, come ultima chance”.
I tuoi totem rapiscono l’attenzione…
“Continuo a realizzarli. Racchiudono l’idea di un’elevazione verso l’alto”.
Ti dedichi anche ai corni. Che approccio hai a un simbolo cos noto?
“Come tutti sappiamo è un potentissimo amuleto e ritengo che per creare un amuleto davvero forte e potente ci vuole una forte energia positiva, lo si deve plasmato con le mani e realizzarlo con una materia che contenga tutti e 4 gli elementi l’argil 6 è« « o è á « s pt B L libri n e B link B B d d B d d « B pG B B «7 B e « B E B B èMODE B H l è NO è B B» OJ B e
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B la. Importante è il colore rosso magenta, presente anche sull’altare dell’arca dell’alleanza, dove sacrificando l’agnello se ne spargeva il sangue dello stesso colore. E la testa nera che intrappola la luce. Devono essere tutti diversi l’uno dall’altro. nato con Ognissanti. Poi abbiamo cercato di stilizzarlo, allontanarlo dalla forma originale. Trasformarlo in una piccola scultura per tutti, mantenendone le caratteristiche di oggetto appuntito”.
Perch?
“Fin dall’antichit l’oggetto appuntito era un’arma, un oggetto propiziatorio che scaricava le sue energie attraverso la punta. un lavoro che facciamo da anni, e oggi pare che tutti facciano il corno rosso magenta con testa nera. Forse abbiamo creato una nuova civilt del corno”.
Da quanto lavorate assieme?
“Abbiamo fatto qualcosa, ma non siamo un duo artistico. Prima eravamo una coppia che è scoppiata, ma siamo rimasti amici e condividiamo lo studio. Ma ognuno fa la sua ricerca personale, anche se, condividendo il laboratorio, talvolta si possono trovare similitudini. Sul corno continuiamo a lavorare. Non ci abbandona mai”.
Progetti futuri?
“Riprenderemo “Artestesa”, una progetto che deve continuare nel tempo. Parteciperò alla mostra assenteista dei fratelli Scuotto (La Scarabattola), appena capiremo dove farla. E ho intenzione di portare in giro molte performance con Gabriella Grossi”.
Nelle foto, alcune opere dell’artista