Studenti del liceo “G. B. Vico” presentano al Madre, Museo d’arte contemporanea Donnaregina, di Napoli il progetto “Questione di appartenenza” realizzato nel corso del workshop con Eugenio Tibaldi, artista nato ad Alba dotato di un copioso curriculum di mostre in Italia e all’estero che vive e lavora da molti anni nella nostra citt .
L’evento, nato da una convenzione stipulata tra Museo e Ufficio Scolastico regionale sul modello a livello nazionale “alternanza scuola-lavoro”, è a cura di Fabrizio Tramontano, supportato da Andrea Viliani, direttore del Madre promotore di eccellenti e originali iniziative, da Pierpaolo Forte presidente Fondazione Donnaregina. Il rapporto tra scuola e mondo del lavoro poteva essere inteso solo per gli Istituti tecnici e alberghieri ma un liceo classico o scientifico non ha sbocchi immediati per i suoi programmi di studio. Il liceo classico è la scuola della Cultura Filosofia Arte. E’ la Scuola del futuro di tutta l’Umanit , della Democrazia, della Socializzazione, della Pace e Fratellanza tra etnie di ogni latitudine. Il lavoro per tali studenti è la Creativit , il Dialogo attraverso il fare Arte, Educare attraverso la Cultura.
Trenta studenti del IV e V ginnasio del Vico, divisi in cinque gruppi, hanno creato 5 arazzi non al telaio ma con il proprio smart phone, oggetti del loro tempo simili tra loro che oltre a socializzare con Sms stimola nuovi linguaggi fatti di poche parole spesso appena accennati, parla raccogliendo frammenti del loro vissuto quotidiano, fotografa incontri, luoghi visitati, momenti di gioia, volti di amici, attimi di vitalit .
Hanno fotografato nei Quartieri Spagnoli, Centro Storico, Forcella, Sanit , Materdei, Montesanto, le tante caratteristiche singolari uniche urbane della cultura e del vivere tra cui edicole votive, porte di accesso dei “bassi” con i loro manufatti abusivi, finestre, cassette per le lettere, stendipanni, paletti messi per proprio uso, insegne, graffiti, necrologi, condizionatori per arieggiare il basso e la stanza sovrastante, e altro.
Le 24 mila immagini sono state ritagliate e unite tra loro per realizzare gli arazzi. Risultato eccellente. Sono arazzi di carta che ricordano l’arte povera. Colori e disegni fanno di essi opere d’arte. Ricordano i pregevoli arazzi rinascimentali e tappeti arabi e persiani per l’eleganza dei ricami e la spettacolarit delle immagini.
Gli antichi arazzi narravano scene di caccia, di vita all’aperto, di mitologia questi parlano di povert , di luoghi come i “bassi”, dichiarati “terraneo non destinabile all’abitazione” con delibera comunale del 1993 scritta su una piccola targa in marmo su ognuno di essi però ancora abitati come nell’XIV secolo dai tanti napoletani che rifiutarono nel terremoto del 1980 il trasferimento nelle “Vele” e da immigrati provenienti in fuga dai loro paesi.
Gli arazzi dei giovani liceali documentano l’aspetto sociologico di una Napoli con urbanistica a mosaico fatta di tanti quartieri uniti tra loro solo da tradizioni, passione convulsa per il calcio e il lotto e in alcuni per la presenza di riti religiosi con legami alla cultura pagana come aveva notato Leopardi. I loro arazzi sono simili a delle reti di pescatori con larghi fori. Essi non documentano solo il vivere di oggi ma sperano una lacerazione completa delle loro opere per vivere e far vivere un altro futuro. I vuoti nella rete possono avere altra lettura.
Sono le lacerazioni nella vita sociale di una citt dall’antica cultura meta obbligatoria del Gran Tour preferita a Parigi, Vienna, Londra, per clima, ricchezza di opere d’arte, vivacit , eleganza, genialit , dovute alla criminalit gi presente nell’700 tanto evidente da essere stata notata da Mozart, in visita a Napoli per studiare musica all’et di 14 anni, che scrive alla sorella elogiando la citt e il San Carlo ma le racconta che il re paga 25 ducati d’argento ogni mese al capo clan di ogni zona per esercitare un certo controllo. Ancora di reclutamento di camorristi nella polizia municipale si legge nelle cronache all’arrivo di Garibaldi. Questa è la valenza che rende i loro arazzi opere d’arte che come ogni arte evoca muta sogna auspica una altra vita.
Il loro impegno extra scolastico è stato un intenso proficuo rapporto con il territorio per raccontarlo agli altri fotografandolo non da turisti frettolosi e abbagliati dal tanto vedere arte ad ogni scorcio prospettico ma con attenta meticolosit scientifica densa di passione culturale. Il loro fare simboleggia l’apertura della scuola alla citt , alla conoscenza e alla vita degli altri uniche fonti di ispirazione nei secoli di ogni artista.
L’insegnare è anche ascoltare gli studenti, interrogarli non solo su cosa hanno studiato ma su cosa vogliono fare, quali sono le loro idee, come sognano il futuro per stimolarli a realizzare i loro progetti. L’evento voluto e ospitato dal Museo Madre incentiva e prevede salvaguardia del patrimonio esistente attraverso la conoscenza, educazione al rispetto e al vivere civile, la so 6 è« « o è á « s pt B L libri n e B link B B d d B d d « B pG Bcializzazione e la diffusione della cultura, frequentazione dei luoghi d’arte e partecipazione attiva agli eventi culturali, il fare arte per educare progettare costruire nuove realt più vivibili più umane. I tanti significati di “appartenenza” non si limitano alla conoscenza e frequentazione del proprio gruppo di amici familiari conoscenti ma condividere e accettare altre realt umane diverse per fede, scelte di usi e sesso. La mostra sar visibile fino al 18 gennaio 2016 nell’attesa di accogliere gruppi di studenti di altre scuole.
Per saperne di più
www.madrenapoli.it
Tel. 081.19313016