Per il suo esordio letterario Thomas Zettera ha scelto di raccontare una storia vera. Il protagonista del suo libro “Il bambino delle capre” si chiama Osvaldo ed è il nonno materno dell’autore che, suo malgrado, è stato protagonista di una terribile vicenda che lui stesso ha raccontato al piccolo Thomas quando aveva sette anni.
I fatti narrati nel libro risalgono al 1944 e coinvolgono un ragazzo che fino a quel momento era vissuto con spensieratezza in un piccolo paese dell’Appennino marchigiano in cui sin da bambino era stato pastore di capre. «Quando avevo sette anni andavo a scuola e poi, appena tornavo a casa, andavo subito a lavorare sul monte. La vita era più difficile ai miei tempi, eravamo tanto poveri e dovevamo arrangiarci…». Con queste parole inizia il racconto di nonno Osvaldo al suo nipotino.
«Il tempo nel villaggio trascorreva in fretta, la routine quotidiana rendeva le giornate tutte uguali, arrivò anche per me il periodo della scuola e dei lavori nei campi. Diventai poi un giovanotto e iniziai con un gruppo di altri coetanei a lavorare sul monte come boscaiolo. Facevamo la legna sfoltendo la macchia, non abbattevamo alberi ma tagliavamo solo i rami robusti e sufficientemente secchi, da rivendere ai carbonai, per fare le cotte di carbone» prosegue il suo racconto Thomas Zettera dando voce alla figura del nonno.
Da quel piccolo paese il regime fascista con tutte le sue storture sembra lontano finché il giovane Osvaldo non si trova coinvolto in una vicenda che gli cambierà per sempre la vita aiutando un ragazzo ferito di nome Tonio, che poi si rivelerà essere un componente di un gruppo di azione patriottica. L’esercito tedesco arriva nel paese e preleva Osvaldo insieme ad altri compaesani per condurlo in un campo di concentramento nel cuore della Germania.
«Questo libro racchiude l’essenza stessa della mia persona. Fin da piccolo avevo desiderato di scrivere la storia delle vicende che hanno visto protagonista mio nonno come prigioniero nei campi di concentramento nazisti. I racconti si sono trasformati in frastagliati ricordi dispersi nel tempo, nel tentativo di ricomporre un puzzle fatto di vuoti incolmabili ho compreso che potevo attingere dal dono dell’empatia, la capacità di assorbire e percepire le emozioni altrui, riportandole vivide nel testo affinché potessero essere trasmesse come tangibili ricordi nelle menti e nei cuori… perché nulla venga dimenticato». Con queste parole Thomas Zettera conclude il suo racconto dell’esperienza atroce e devastante vissuta da suo nonno in un campo di sterminio. (Maria Rosaria Grifone)
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Inchiostro Una storia vera/ “Il bambino delle capre” di Thomas Zettera: quell’esperienza vissuta...