“Da bambino, durane le mie lunghe estati nella paterna casa di campagna, passavo i pomeriggi a raccogliere i passeri annegati nell’acqua piovana di cisterne lasciate cos, a cielo aperto, sotto i grandi noci. Una corsa a casa, contro il tempo, asciugavo quei corpicini fradici, incoscienti e inerti, con il phon, finch alcuni, improvvisamente, con un frullo d’ali nei miei pugnetti, riprendevano la vita. Correndo fuori casa, allora, schiudevo le manine a quel frullo, che tentava il suo volo, sghembo e gioioso, verso la libert del cielo”.
“La vita in un Ser.t” di Maria Angela Barra (Guida, pp. 83, € 11,50) racconta le storie di uomini svuotati, “che hanno licenziato un Dio, gettato via gli amori, per costruirsi il vuoto nell’anima e nel cuore”. Racconta l’esperienza di una psicologa che, in netta controtendenza rispetto ai suoi colleghi, anzich vivere il servizio in favore dei tossicodipendenti come un momento di transizione necessario per ambire ad una migliore collocazione, non ha alcuna intenzione di abbandonare il Ser.t.
Nonostante le crisi d’astinenza, il vomito e il sangue, non siano facili da digerire e sono tra quelle cose a cui non ci si abitua mai. Carlo, Simy, Simona, Giusy, oppure Orazio che per gli amici è Rita. Tutti i protagonisti del diario di Maria Angela Barra sono personaggi senza volto.
Della loro vita “da persone normali”, prima di entrare nel Ser.T, ci viene raccontato poco, ad esclusione di un evento che li accomuna tutti. Un dolore, una delusione, una realt difficile da accettare. Un desiderio tanto agognato quanto tradito, che proietta le anime in un vuoto oscuro dal quale si cerca in ogni modo di venirne fuori.
Lo stordimento, l’obnubilazione dei sensi appare come la via più breve da seguire, e quando si prende coscienza della propria condizione si aprono le porte del Ser.T, struttura mal funzionante ma unico debole baluardo a sostegno degli ultimi tra gli ultimi, di chi finisce emarginato prima dalla societ e poi anche da se stesso.
L’assenza di programmi di inserimento, la paura “delle persone normali” e l’alone di malaticcio e depravato che circonda i tossicodipendenti fanno il resto. Per chi vive quotidianamente a contatto con loro, però, salvarne anche uno solo è una grande vittoria, tenuto conto delle carenze strutturali esistenti.
“Nella ASL 3 di Napoli spiega Maria Angela Barra come in tutti gli altri Ser.T, i risultati terapeutici non sono molto positivi. Il personale non è mai al completo. Ad accogliere i 1500 utenti che ogni settimana vengono a prelevare la loro dose di metadone o di subxone ci sono un medico, un infermiere e un solo psicologo. Il servizio che riusciamo ad offrire non risponde alle necessit degli utenti. La sofferenza è tanta e i tossicodipendenti dovrebbero essere seguiti su più fronti. Non basta limitarsi alla distribuzione e somministrazione delle sostanze stupefacenti sostitutive, ma bisognerebbe incidere sulle cause che risucchiano le persone nel vortice della tossicodipendenza”.
Mentre nei Ser.T pochi operatori cercano di scaldare con il phon i corpi fradici di passeri annegati che non riescono più a volare, fuori, i mercanti di droga si mescolano alle “persone normali” e fanno affari d’oro, applicando allo spaccio le più efficaci regole di marketing, abbassando i prezzi delle dosi e sfruttando l’aurea magica della sostanza proibita. La droga dei ricchi, status symbol per un’intera generazione, diventa un bene alla portata di tutti, moltiplicando i danni e le sofferenze.
“Al giorno d’oggi le sostanze stupefacenti costano poco e spesso vengono vendute in singole dosi, cos da essere accessibili a tutte le tasche. Inoltre, ci troviamo sempre più di frequente a rapportarci con nuove droghe sintetiche o con soggetti che hanno più di una dipendenza. I cocktail di droghe, anche di eroina e cocaina insieme, producono effetti devastanti sull’organismo e sulla psiche di chi le assume. Chi è eroinomane, sostanza che provoca un forte abbattimento, assume cocaina per tirarsi su e viceversa. Tra noi operatori prevale l’impotenza. I tossicodipendenti non vengono stimolati a seguire i colloqui psicologici e i piani di integrazione stentano a partire. Inoltre c’è da registrare la mancanza di collaborazione tra le persone che operano a vario titolo all’interno del Ser.T. E’del tutto assente, infatti, una qualsiasi logica di equipe, rispetto alla quale prevalgono dinamiche distruttive che vanno a discapito degli utenti. Purtroppo esiste un vero e proprio conflitto di competenze tra medici, psicologi e assistenti sociali, che propongono ciascuno metodologie diverse d’intervento, senza comprendere la complementarit dei ruoli”.
Nella foto, l’autrice del libro, Maria Angela Barra