Le disobbedienti/ La forza delle memorie nell’archivio dei diari di Pieve Santo Stefano. Quando le donne sono l’anello forte della comunità

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I diari e le memorie delle persone comuni, quelle che nulla hanno di famoso ma molto di importante, la propria vita, dal 1984 sono raccolte e custodite con passione e competenza dalla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. Saverio Tutino, giornalista e scrittore, la creò coinvolgendo amici, studiosi/e, scrittori/trici e autori/trici di diari. Dopo la sua morte il suo testimone è stato raccolto, la sua opera continua, cresce e si arricchisce.
Lo studio delle testimonianze delle persone comuni è prezioso e pone un interrogativo, di non poco conto, circa il rapporto con il passato: come si trova il giusto equilibrio con esso? Sarebbe sbagliato rimanerne ostaggi ma delittuoso non considerarlo nella giusta prospettiva per capire il presente e costruire il futuro.
I documenti sono la materia con cui si scrive la Storia ma sono le storie, i ricordi e le testimonianze che restituiscono spessore, profondità e ampiezza al passato.
L’Archivio è il luogo in cui, con dedizione, si costruisce un affresco corale nel quale il racconto di chi non ha avuto voce diventa strumento prezioso per leggere, comprendere, ricostruire gli accadimenti e porsi domande. Esso custodisce numerose testimonianze scritte da donne una di queste, custodita nel piccolo museo che ne è parte integrante, è scritta su un lenzuolo.
Racconti delle due guerre, di emigrazione, di miseria, di sacrifici, di scelte dolorose ma anche di speranza, coraggio, tenacia, determinazione, amore, affetto. Il duro lavoro, la fatica quotidiana di mettere in tavola un pasto nel periodo bellico e la paura del nemico, la separazione delle famiglie, il periodo coloniale, i rapporti familiari, il matrimonio e i figli.
Dalla notte dei tempi le donne raccontano
per tenere viva la memoria e tramandare le storie che connotano l’identità di una comunità, rappresentano il fulcro di micro cosmi in cui le vicende personali si fondono tutte insieme in un vissuto corale e condiviso.
«Spesso a svolgere questo importante compito atto a tenere insieme il tessuto connettivo familiare e sociale sono le donne, “anello forte” come le ha definite Nuto Revelli, dei legami comunitari in tempo di guerra».
Le voci delle “senza storia” come notato da Filippo Maria Battaglia in un suo lavoro basato sui diari scritti da donne da cui ha tratto un romanzo, hanno anche svolto il ruolo di strumento catartico «la scrittura per queste donne ha significato portare in salvo se stesse e la propria voce in una lotta quasi fisica con le parole che non ha ammesso tentativi di revisione calligrafica o di correzione. Ed è a questa urgenza, e alla sua irriducibilità, che è affidata l’autenticità di questa storia».
I diari ci restituiscono una versione del passato con cui colmare le lacune della nostra conoscenza, guardare al cambiamento sociale dal punto di vista delle persone comuni che lo hanno vissuto e plasmato conducendoci al nostro presente perché Cesare Zavattini aveva ragione: «Il diario non è affatto un chiudersi in sé. È un guardarsi allo specchio? In certo senso, ma in uno specchio che riflette, con noi, il paesaggio storico e umano che ci contiene».
Scrivere è stato per le donne presenti nell’Archivio – e per tante altre – un’affermazione identitaria attraverso la quale rivendicare il diritto all’esistenza affermato grazie al racconto delle proprie scelte, desideri, rimpianti, bisogni, successi e frustrazioni.
Si scrive quel che non si riesce a dire, si scrive per non dimenticare, si scrive per mettere ordine nei pensieri. Scrivo quindi sono. La scrittura è un atto di autodeterminazione grazie al quale possiamo conoscere le storie di persone che non compaiono nei libri di storia ma che la storia l’hanno vissuta e contribuito a farla. L’archivio custodisce diari scritti anche da uomini ed è interessante comparare lo stile e le scelte dei temi tra gli scritti delle une e degli altri per comprendere a fondo quanto la diversità sia ricchezza.
Il lavoro che l’Archivio svolge è prezioso, farsi carico di custodire la memoria e impegnarsi per condividerla al fine di una riflessione personale e collettiva è opera lodevole. Ritrovare le voci del passato aiuta a capire chi siamo e chi vogliamo essere e – in un mondo che corre a perdifiato abbagliato dall’idea che la velocità sia il valore assoluto e totalizzante perché nulla è mai abbastanza nella corsa verso un tutto senza fine – sapere che ci sono persone che impiegano il loro tempo per salvare la memoria mi riempie di speranza e gratitudine.
©Riproduzione riservata

IL LIBRO
Camillo Brezzi Patrizia Gabrielli,
La forza delle memorie. L’archivio dei diari di Pieve Santo Stefano,
il Mulino
pagine 323
euro 25

GLI AUTORI
Camillo Brezzi
ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Siena-Arezzo ed è direttore scientifico della Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. Con il Mulino ha pubblicato, tra gli altri, «L’ultimo viaggio. Dalle leggi razziste alla Shoah. La storiografia, le memorie» (2021).
Patrizia Gabrielli insegna Storia contemporanea e Storia di genere all’Università di Siena, Dipartimento di Scienze Politiche e Internazionali. Con il Mulino ha pubblicato, tra gli altri, «Anni di novità e di grandi cose. Il boom economico fra tradizione e cambiamento» (2011) e «Se verrà la guerra chi ci salverà? Lo sguardo dei bambini sulla guerra totale» (2021).

Sul tema identitario, delle radici ed emigrazione tra #ledisobbedienti

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